IVASS rileva criticità per le polizze abbinate ai finanziamenti per l’acquisto di autoveicoli

L’IVASS ha pubblicato un report che illustra gli esiti si un’analisi condotta sul mercato delle polizze assicurative abbinate dai concessionari auto ai finanziamenti finalizzati all’acquisto di veicoli

IVASS rileva criticità per le polizze abbinate ai finanziamenti per l’acquisto di autoveicoli

L’IVASS ha pubblicato un report che illustra gli esiti si un’analisi condotta sul mercato delle polizze assicurative abbinate dai concessionari auto ai finanziamenti finalizzati all’acquisto di veicoli offerti in promozione da diverse case automobilistiche. (scorri fino in fondo per scaricare il report).

L’analisi ha preso le mosse dai risultati di un mistery shopping effettuato da Altroconsumo presso i concessionari auto di varie marche automobilistiche, residenti in 10 città italiane, trasmessi dalla stessa Associazione a AGCM, Banca d’Italia e IVASS nel mese di ottobre 2016.

Il mystery shopping era finalizzato a verificare il settore dei prestiti stipulati al momento dell’acquisto di un’automobile.

Ha preso le mosse da alcune pubblicità che offrivano rateizzazioni per l’acquisto di city cars delle più varie marche automobilistiche. Le anomalie segnalate, riguardanti i contenuti e la forma delle pubblicità promozionali nonché le modalità di offerta sia dei prestiti sia delle polizze assicurative abbinate a protezione del credito, hanno richiesto il coinvolgimento delle tre Autorità di vigilanza per gli specifici aspetti di competenza, dovendo tener conto:

  1. di pubblicità poco trasparenti, se non ingannevoli, concernenti l’offerta di prestiti finalizzati all’acquisto di veicoli a rate a prezzi significativamente più contenuti rispetto a quelli previsti per i pagamenti in contanti;

  2. di finanziamenti spesso erogati da società appartenenti allo stesso gruppo della casa costruttrice del veicolo;

  3. di abbinamento delle operazioni di finanziamento a coperture assicurative di tipo PPI (Payment Protection Insurance) emesse da compagnie appartenenti anch’esse al medesimo gruppo.

Le tre Autorità hanno convenuto di intervenire indipendentemente, ciascuna per gli aspetti di specifica competenza:

  • Antitrust per l’eventuale ingannevolezza e/o scorrettezza concorrenziale del messaggio promozionale, anche in relazione agli aspetti relativi all’offerta di acquisto più vantaggiosa in caso di pagamento rateale rispetto a quella proposta in caso di acquisto cash;

  • Banca d’Italia nei confronti degli enti finanziatori per le modalità di rilascio e la trasparenza della documentazione riguardante l’erogazione del prestito e le condizioni dell’operazione stessa;

  • IVASS nei confronti delle compagnie di assicurazione e degli enti finanziatori, in qualità di intermediari assicurativi, in merito alle modalità di offerta e distribuzione dei prodotti PPI abbinati alle operazioni di erogazione dei prestiti.

Con lettere in data 28 febbraio 2017, indirizzate a 12 compagnie di assicurazione e a 9 enti finanziatori (che agiscono anche come intermediari assicurativi) collegati a diverse case automobilistiche, l’IVASS ha chiesto sia dati qualitativi (copie degli accordi di partnership, fascicoli informativi dei prodotti assicurativi offerti, modulistica per la rilevazione dell’adeguatezza della polizza alle esigenze del cliente e per la rilevazione dello stato di salute, welcome letter ai clienti) sia dati quantitativi (volume di affari, numero dei contratti abbinati alle operazioni di finanziamento, numero dei sinistri denunciati e di quelli rigettati e delle relative cause) necessari per la valutazione delle singole fattispecie.

Fonte IVASS.it

Scarica il Report_concessionari

oppure consultalo sul sito dell’IVASS

Solo in Trentino Alto Adige le pensioni reggono

Solo in Trentino Alto Adige le pensioni reggono. L’Italia non è pronta per il contributivo puro. Demozzi (SNA): molti dovrebbero riflettere

 

pensioni

Solo in Trentino Alto Adige le pensioni reggono

MILANO – Secondo i dati diffusi dal centro studi di Itinerari Previdenziali, solo il Trentino Alto Adige reggerebbe un sistema pensionistico di tipo contributivo. Per ogni 100 euro di prestazioni previdenziali il Trentino Alto Adige ne versa 106, ed è l’unica regione italiana con saldo positivo. Seguono Lombardia (copertura al 97%) e Veneto (95%). Il Lazio ha un tasso di copertura del 87%. La percentuale dei contributi versati da ogni singola regione a copertura delle uscite per prestazioni, scende via via fino a raggiungere il 47% in Molise, il 45% in Sicilia e il 36% in Calabria. A livello nazionale per ogni 100 euro di prestazioni le contribuzioni passano dagli 84 euro medi incassati nel triennio 1980-1982 ai 72,83 euro medi nel triennio 2001-2003, per arrivare ai 76,19 del 2015. È quanto mette a fuoco, fra le altre cose, il recente Rapporto n. 6/2017 sulla regionalizzazione del bilancio previdenziale del Centro studi di Itinerari Previdenziali.

Appare evidente quanto un sistema contributivo puro, in Italia, sia ben lontano dal reggere il peso di un livello delle prestazioni che devono fare i conti con un disavanzo complessivo per l’INPS di oltre 40 Miliardi di euro (dati 2015). Di questo, il Sud assorbe il 49,89% del deficit (21 mld) contro il 18,86% del Centro (7,9 mld) e il 31,25% del Nord (13,16 mld). Il Trentino è l’unica regione con un attivo di bilancio (+ 200 milioni). Mentre le regioni che presentano deficit pesanti sono Piemonte, Sicilia, Puglia, Campania, Toscana, Calabria e Liguria. La mancata copertura con i contributi versati della spesa pensionistica italiana non è una storia recente.

In rapporto al PIL la spesa pensionistica è passata dall’8,40% del 1980 al 10,77% del 2015, ma più per effetto della riduzione del prodotto interno lordo che per crescita in valore assoluto delle pensioni, a causa della crisi finanziaria che ha prodotto una riduzione sostenuta del denominatore pur in presenza di una crescita della spesa contenuta grazie alle due più importanti riforme del sistema (Amato e Dini).

Il Presidente Nazionale SNA, Claudio Demozzi, commenta a caldo i dati: “Abbiamo sempre sostenuto – sottolinea – che ricalcolare le pensioni degli italiani con il contributivo puro significherebbe mettere in atto una riduzione generalizzata pesantissima e cioè imporre sacrifici insopportabili per la popolazione; il contributivo puro va applicato solamente alle pensioni più ricche, oltre soglie molto elevate, mentre non ha senso per i contribuenti in generale. La soluzione tra l’altro non può certo essere il mero ricorso ai PIP delle Compagnie, che sono utili a chi può permettersi il lusso di versare cifre ragguardevoli ma non risolvono affatto il problema di chi deve fare i conti per arrivare a fine mese. Chi qualche anno fa – conclude Demozzi – immaginava di poter abbracciare, in Italia, il sistema contributivo puro evidentemente ignorava questi dati o semplicemente non aveva riflettuto a sufficienza sulla situazione del Paese, per non parlare di chi invocava il contributivo puro per gli Agenti di assicurazione: ignoranza, strumentalizzazione o remissività verso i desiderata dei poteri forti?”.

fonte http://www.snachannel.it

Responsabilità medica: omicidio colposo per l’infermiere che sbaglia il triage

La Cassazione ha stabilito che è responsabile di omicidio colposo l’infermiere che assegna erroneamente un codice di priorità sbagliato e il paziente muore.

Responsabilità medica: omicidio colposo per l’infermiere che sbaglia il triage

Fonte: (www.StudioCataldi.it) di Lucia Izzo

È responsabile per l’omicidio colposo del paziente giunto al pronto soccorso, con infarto in corso, l’infermiere che ha errato la valutazione assegnandogli un codice verde.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, IV sezione penale, che nella sentenza n. 18100/2017 (che trovate sul sito fonte) si è pronunciata sull’addebito contestato a un infermiere condannato alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni in favore delle parti civili.

Il caso

All’imputato, nella sua qualità di infermiere responsabile del servizio di triage del Pronto Soccorso, si ascriveva di avere colposamente errato la valutazione nei confronti di un paziente, trascurando le indicazioni contenute nel referto redatto dal personale della ambulanza e le dichiarazioni rese dai familiari circa la morte per infarto del padre del paziente.

Erroneamente, nonostante l’infarto in atto, l’imputato avrebbe attribuito al caso un codice verde in luogo del codice giallo imposto dalla corretta valutazione dei sintomi in sede di triage; il paziente era rimasto quindi per lungo tempo senza adeguata assistenza e solo gli infermieri subentrati nel turno, accertatene le condizioni gravissime, lo avevano ricoverato nel reparto di cardiologia dove era poi deceduto.

Per la Corte di Appello è indubbia la responsabilità dell’infermiere in quanto la sua colpevole sottovalutazione dei sintomi aveva fatto sì che il paziente rimanesse per circa due ore nella struttura senza ricevere alcun tipo di cura.

Leggi l’articolo per intero qui

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Forti rischi su acquisto di prodotti bancari ed assicurativi tramite canali smart ed alternativi

Konsumer Italia: acquisto di prodotti bancari ed assicurativi tramite i canali smart ed alternativi, c’è il forte rischio che il consumatore non ponderi adeguatamente le sue scelte

Forti rischi su acquisto di prodotti bancari ed assicurativi tramite canali smart ed alternativi

Konsumer Italia associazione di consumatori ed utenti, nonché di promozione sociale e senza fini di lucro, ha pubblicato stamane sul sito ( http://www.konsumer.it ) una nota in cui si esprime la preoccupazione per un mercato che si orienta verso la vendita di prodotti bancari e assicurativi attraverso canali cosiddetti “smart“.

Raffaella Grisafi, vice presidente vicaria “Come farà un tabaccaio a valutare il merito creditizio di un cliente prima di erogare un finanziamento o una polizza?”
La notizia che il mercato si stia orientando sempre più verso l’offerta di prodotti bancari ed assicurativi attraverso canali smart ed alternativi come le rivendite di tabaccai preoccupa fortemente.

C’è il fondato pericolo che il consumatore non ponderi adeguatamente le sue scelte. La storia recente dei finanziamenti e delle carte revolving attivate acquistando un semplice elettrodomestico sta ancora producendo i suoi effetti tragici in materia di sovraindebitamento delle famiglie italiane.
Cosa ne sarà degli obblighi di legge ad esempio in materia di antiriciclaggio e trasparenza e Codice del Consumo? E come farà un tabaccaio a valutare il merito creditizio di un cliente in tabaccheria prima di erogare un finanziamento o addirittura una polizza? Bene accogliere “il futuro” e le maggiori possibilità di accesso ai servizi bancari ma prima sciogliere i nodi del presente e soprattutto rimediare agli errori del passato. Perché alla fine chi paga, è sempre il consumatore”. Banca d’Italia, Ivass, OAM e Governo dettino rigorose regole e prevengano – questa volta almeno – i possibili danni. (fonte http://www.konsumer.it).

Non possiamo che sostenere questa posizione, l’intermediazione di prodotti bancari e assicurativi va fatto da professionisti, formati e preparati per fornire non solo “un prodotto” ma e soprattutto una consulenza “tailor made”, su misura, al cliente.

Responsabilità degli amministratori verso le società

Disciplina normativa e profili giurisprudenziali sulla responsabilità degli amministratori verso le società

D&OResponsabilità degli amministratori verso le società

Avv. Daniele Paolanti – Gli amministratori, in un contesto societario, sono ovviamente responsabili per i danni che determinano con il loro operato. Di conseguenza è lecito ritenere che detta responsabilità valga non solo nei confronti dei soci ma finanche nei confronti dei terzi. A livello terminologico è opportuno precisare come gli amministratori siano responsabili non verso i singoli soci quanto piuttosto verso la società, che è un’entità distinta rispetto sia ai soci che agli amministratori. Le responsabilità che possono scaturire dalla condotta degli amministratori possono essere molteplici ma si distinguono generalmente in civili, amministrative e penali. Ciascun amministratore è tenuto infatti all’assolvimento delle proprie funzioni nel rispetto dell’atto costitutivo ma, soprattutto, ad un rigore ed una diligenza commisurate alla natura dell’incarico assunto.

Fonte: articolo completo su www.StudioCataldi.it

I rischi connessi alla responsabilità amministrativa, sia per società con fini economici e fino alle associazioni senza scopo di lucro, possono essere assicurati. Leggi qui per maggiori informazioni.

Ci teniamo a far notare che un presidente (o altro “amministratore”) di un’associazione senza scopo di lucro è soggetto, tanto quanto quello di un’azienda, spesso prestando opera a titolo gratuita, senza alcun compenso.

Cos’è la polizza D&O?

Sinistro di facile gestione?

Se il sinistro è di facile gestione le spese per il legale sono risarcibili solo se necessarie e giustificate

Sinistro di facile gestione?

Nuovo contributo curato da Fulvio Graziotto, titolare dello Studio Graziotto. Le spese legali relative ai sinistri sono risarcibili in base alla loro effettiva necessità.

Le spese legali relative ai sinistri sono risarcibili in base alla loro effettiva necessità: quando la gestione del sinistro non presenta difficoltà e l’assicuratore ha offerto prontamente

Decisione: Sentenza n. 11154/2016 Cassazione Civile – Sezione III
Il caso.
Un danneggiato RCA avanzava richiesta di risarcimento diretto alla propria compagnia assicurativa, la quale liquidava e inviava l’importo per le spese di riparazione e il fermo tecnico.
Il legale dell’assicurato tratteneva la somma in acconto perché mancavano le spese legali e citava l’assicuratore avanti al Giudice di Pace, che rigettava la domanda. Il Tribunale, a seguito di appello, condannava la compagnia anche al pagamento delle spese stragiudiziali.La compagnia assicurativa ricorre per Cassazione, e la Suprema Corte accoglie il ricorso.
La decisione.

Dopo aver esaminato i primi due motivi di ricorso, il Collegio affronta

«il terzo motivo, per violazione e falsa applicazione dell’art.9 dpr n.25412006 – il giudice d’appello avrebbe erroneamente attribuito alla H. [assicuratore, ndr] l’obbligo di corrispondere il rimborso di spese “stragiudiziali” indebite, non essendo nulla dovuto a titolo di assistenza legale quando l’offerta tempestiva corrisponda all’effettivo dovuto, e peraltro incognite nel loro ammontare».

In merito, afferma che «A riguardo, torna utile premettere che l’art. 9. reg. n. 254/2006 – Assistenza tecnica e informativa ai danneggiati al comma secondo, statuisce testualmente:

“Nel caso in cui la somma offerta dall’impresa di assicurazione sia accettata dal danneggiato, sugli importi corrisposti non sono dovuti compensi per la consulenza o assistenza professionale di cui si sia avvalso il danneggiato diversa da quella medico-legale per i danni alla persona”

».

La Suprema Corte si richiama a precedenti pronunce sulla risarcibilità delle spese legali per l’assistenza stragiudiziale:

«secondo la giurisprudenza di questa Corte, nella speciale procedura per il risarcimento del danno da circolazione stradale, ” il danneggiato ha facoltà, in ragione del suo diritto di difesa, costituzionalmente garantito, di farsi assistere da un legale di fiducia e, in ipotesi di composizione bonaria della vertenza, di farsi riconoscere il rimborso delle relative spese legali; se invece la pretesa risarcitoria sfocia in un giudizio nel quale il richiedente sia vittorioso, le spese legali sostenute nella fase precedente all’instaurazione del giudizio divengono una componente del danno da liquidare e, come tali devono essere chieste e liquidate sotto forma di spese vive o spese giudiziali. (Cass. n. 2275/06, Cass.11606/2005)».

Ma la Cassazione precisa i confini dei compensi corrisposti dal danneggiato al proprio avvocato:

«Ora, anche qualora non si volesse condividere l’orientamento giurisprudenziale riportato, resta il fatto che i compensi corrisposti dal danneggiato al proprio avvocato (o ad un perito diverso da quello medico legale) per l’attività stragiudiziale devono poter formare oggetto di domanda di risarcimento nei confronti dell’altra parte a titolo di danno emergente, quando siano state necessarie e giustificate. Tanto si desume dal potere del giudice, ex art. 92, I ° co., c.p.c., di escludere dalla ripetizione le spese sostenute dalla parte vittoriosa, ove ritenute eccessive o superflue, ed applicabile anche agli effetti della liquidazione del danno rappresentato dalle spese stragiudiziali.»

E precisa anche la nullità di una norma del regolamento che inibisca il diritto al risarcimento:

«una norma regolamentare (e quindi una fonte di secondo grado) che escluda a priori il diritto al risarcimento di un tipo di danno che la legge (e quindi una fonte di primo grado) considera altrimenti risarcibile, appare difficilmente compatibile con gli artt. 3 e 24 Cost., ed è perciò nulla, alla luce del principio secondo cui regolamenti in contrasto con la Costituzione, se non sono sindacabili dalla Corte costituzionali, perche privi di forza di legge, sono comunque disapplicabili dal giudice ordinario, in quanto atti amministrativi, in senso ampio».

La Suprema Corte sottolinea il presupposto della risarcibilità del danno:

«osserva questa Corte che la risarcibilità o meno del danno (di qualsiasi danno) dipende dalla sua natura giuridica, non dal suo contenuto economico. Cosi, un danno non patrimoniale potrà non essere risarcibile perche non rientrante nella previsione dell’art. 2059 c.c.; un danno patrimoniale potrà non essere risarcibile perche causato dalla vittima a se stessa, ex art. 1227 c.c.; ma certamente non può mai ammettersi che un danno, altrimenti risarcibile, perda tale sua qualità solo perchè sia consistito nell’avere il danneggiato effettuato un esborso in favore di Tizio piuttosto che di Caio.»

Andando più nello specifico, per quanto attiene agli elementi di danno che consistono in compensi dovuti a professionisti, la Cassazione afferma che

«in tema di danni consistiti in spese erogate a professionisti di cui danneggiato si sia avvalso per ottenere il risarcimento del danno, quel che rileva ai fini della risarcibilità è unicamente la sussistenza di un valido e diretto nesso causale tra il sinistro e la spesa. Dunque le spese consistite in compensi professionali saranno risarcibili o meno non già in base alla veste del percettore (sì al medico legale, no all’avvocato), ma in base alla loro effettiva necessità: dovrà perciò ritenersi sempre risarcibile la spesa per compensare un legale, quando il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando la vittima non ha ricevuto la dovuta assistenza, ex art. 9, co.1, d.p.r. 254/2006, dal proprio assicuratore. Per contra, sarà sempre irrisarcibile la.spesa per compensi all’avvocato, quando la gestione del sinistro non presentava alcuna difficoltà, i danni da esso derivati erano modestissimi, e l’assicuratore aveva prontamente offerto la dovuta assistenza al danneggiato. Quindi il problema delle spese legali va correttamente posto in termini di”causalità”, ex art. 1223 c.c., e non di risarcibilità”. Da ciò consegue, ovviamente, che l’art. 9, 2 ° co., d.p.r. 254/2006, se inteso nel senso che esso vieta tout court la risarcibilità del danno consistito nell’erogazione di spese legali, deve essere ritenuto nullo per contrasto con l’art. 24 Cost., e va disapplicato»

Ne consegue il necessario accertamento della necessarietà e giustificazione di tali spese da parte del giudice di merito:

«la sentenza impugnata è errata nella parte in cui non ha valutato se le spese stragiudiziali richieste erano necessitate e giustificate dalla complessità del caso e dalle contestazioni sorte con l’assicuratore richiesto del pagamento o dall’inerzia di assistenza adeguata dello stesso. Inoltre ( e con riguardo al secondo motivo), va osservato che l’art. 145 del codice assicurazioni statuisce che la richiesta di risarcimento deve essere inoltrata, in fattispecie di soli danni alle cose, almeno 60 giorni prima dell’azione. La richiesta deve essere proposta nei termini di cui all’art i 148 cod. ass. . Ciò, a pena di improponibilità della domanda».

Per il Collegio, è il danneggiato che deve richiedere le spese legali stragiudiziali: afferma, infatti, che

«non è l’assicuratore tenuto a compulsare il danneggiato in merito ad eventuali spese legali stragiudiziali necessarie nel caso concreto, ma deve essere questi che le ne faccia richiesta ex art. 145 c. ass., norma che si applica anche nell’ipotesi di richiesta al proprio assicuratore ex art. 149 codice delle assicurazioni.»

leggi le osservazioni e le disposizioni legislative rilevanti: CLICCA QUI

Prescrizione del risarcimento

Dopo quanto tempo c’è la prescrizione del diritto al risarcimento di un danno RCA? La risposta nei codici e nella giurisprudenza.

giudice

Prescrizione del risarcimento

La prescrizione per ottenere il risarcimento del danno a seguito di incidente stradale è di due anni ma non sempre tale termine inizia a decorrere dal sinistro, ben potendo, in determinate situazioni, partire dalla data del certificato medico che attesta l’invalidità. È quanto chiarito dalla Cassazione con una recente sentenza.

Come ogni diritto, anche quello al risarcimento del danno da incidente stradale, da azionarsi nei confronti dell’assicurazione, va esercitato entro un determinato termine, altrimenti si prescrive. A riguardo, il codice civile stabilisce che i diritti derivanti dal contratto di assicurazione e dal contratto di riassicurazione si prescrivono in due anni. Tale termine inizia a decorrere dal giorno in cui si è verificato il “fatto su cui il diritto si fonda” ossia il sinistro stradale.

Ma attenzione: non sempre il danneggiato ha cognizione del preciso danno riportato, come spesso succede per malattie di lunga degenza o che richiedono cure, riabilitazioni, plurimi interventi chirurgici, ecc..

Con una sentenza del 2014 [3], infatti, la Corte aveva precisato che, in materia di assicurazione sulla responsabilità civile automobilistica (cosiddetta rca), la prescrizione di due del diritto al risarcimento decorre dal momento in cui l’assicurato ha avuto conoscenza del fatto storico da cui il diritto all’indennizzo deriva, ossia da quello in cui egli abbia acquisito la consapevolezza di aver subito lesioni di una certa gravità, sebbene non sia ancora nota la loro specifica consistenza.

Leggi tutto l’articolo e le fonti giuridiche www.laleggepertutti.it

Auto storiche, per la Corte Costituzionale pagano il bollo

Auto Storiche: la Corte Costituzionale mette un freno alle agevolazioni attuate dalle singole regioni

AUTO STORICHE

Auto storiche, per la Corte Costituzionale pagano il bollo

A riportare la notizia della stretta sulle auto storiche è il sito studiocataldi.it, che pubblica anche la sentenza ( 199/2016 ) della Corte Costituzionale.

di Marina Crisafi – Le auto storiche, con età compresa tra i 20 e i 29 anni, devono pagare il bollo. Lo ha sancito la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 199/2016 depositata ieri (qui sotto allegata), dichiarando illegittime le norme previste dalla regioni Umbria e Basilicata in quanto lesive della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tributi erariali.

Sul bollo auto, la legge n. 190/2014 ha infatti eliminato ogni esenzione per i veicoli e motoveicoli di interesse storico o collezionistico immatricolati da meno di 30 (e da almeno 20), lasciando il beneficio soltanto per gli esemplari ultratrentennali.

Le scappatoie fiscali, previste rispettivamente dalle leggi regionali n. 8/2015 e n. 14/2015 dei due enti, che avevano mantenuto tale regime di favore (sostituendo il bollo auto con una tassa di circolazione forfettaria ed eliminando sanzioni e interessi per i morosi), per la Consulta, sono dunque in contrasto con gli artt. 117 e 119 della Costituzione, che dettano i principi di potestà legislativa e autonomia finanziaria degli enti locali.

Fonte: www.StudioCataldi.it

Leggi il testo della sentenza: clicca qui

Fondi pensione, le azioni che proteggono l’iscritto se il datore di lavoro non versa

Uno dei profili più delicati nel sistema previdenziale è rappresentato dal fenomeno delle omissioni contributive nei fondi pensione da parte del datore di lavoro. (di Carlo Giuro – Milano Finanza)

salvadanaio

Fondi pensione, le azioni che proteggono l’iscritto se il datore di lavoro non versa.

Domanda. Uno dei profili più delicati nel sistema previdenziale è rappresentato dal fenomeno delle omissioni contributive nei fondi pensione da parte del datore di lavoro…

Risposta. Il fenomeno è di particolare rilevanza e, come tale, ha più volte sottolineato la Covip, si è acuito per effetto della crisi finanziaria. Va ricordato infatti che il non versamento parziale o totale dei contributi determina un pregiudizio alla continuità e regolarità del flusso finanziario, indispensabile all’accrescimento della posizione individuale dell’aderente al fondo pensione. Non va infatti dimenticato che la previdenza complementare è strutturata sulla capitalizzazione finanziaria con la determinazione di un nesso causa effetto tra contributi versati e prestazioni pensionistiche integrative. Anche i fondi pensione vengono danneggiati perdendo masse critiche necessarie a conseguire economie di scala con particolare riferimento alla gestione finanziaria.

D. Quali sono le tutele previste dalla normativa previdenziale?

R. Va ricordato in premessa come nella previdenza complementare, a differenza di quanto avviene nella previdenza obbligatoria, non vige il principio della automaticità delle prestazioni. Altro elemento importante è poi rappresentato dal fatto che la normativa non definisce l’omissione né prevede specifiche sanzioni nel caso in cui essa si realizzi.

D. Chi può agire per la tutela di fronte al mancato versamento?

R. Va sottolineato che la normativa risalente al 2004 aveva previsto la contitolarità del credito tra lavoratore e fondo pensione che era così legittimato a rappresentare i propri iscritti nelle controversie aventi a oggetto i contributi omessi e l’eventuale danno derivante dal mancato conseguimento dei relativi rendimenti. La normativa di attuazione del 2005, entrata in vigore nel 2007, si è limitata a riconoscere la titolarità dei valori attribuiti in gestione. Nel quadro normativo attuale titolato ad agire è allora il solo lavoratore.

D. Cosa si può fare allora?

R. La premessa è che va in primo luogo perfezionato l’evento tutelato, vale a dire il raggiungimento dei requisiti per ottenere la prestazione di previdenza complementare (il termine di prescrizione è decennale). Durante la vita lavorativa, accertata l’omissione contributiva (attraverso gli estratti conto e le comunicazioni informative), si può però chiedere la tutela della propria aspettativa contributiva chiedendo il risarcimento del danno, ripristinando così l’integrità della propria posizione individuale. Il lavoratore può poi agire con azione di mero accertamento nei confronti del datore di lavoro per stabilire, ad esempio, l’esatto ammontare della contribuzione versata, ovvero per controllare l’esatta determinazione della base di calcolo della contribuzione medesima. Potrebbe per esempio esserci l’interesse di agire in giudizio per definire l’ammontare dei contributi. Un caso concreto è rappresentato dalla necessità di calcolare l’esatto importo delle anticipazioni che possono essere richieste al fondo pensione ovvero per valutare l’opportunita di dimettersi.

RC medica il mancato consenso costituisce un danno autonomo

RC medica: il danno per il mancato consenso informato va risarcito anche se l’intervento è riuscito. La violazione dell’obbligo informativo rappresenta un danno autonomo da quello della lesione alla salute. Fonte: studiocataldi.it

giudice

RC medica il mancato consenso costituisce un danno autonomo

di Marina Crisafi – Se manca il consenso informato, il paziente va risarcito a prescindere dal fatto che l’intervento sia riuscito. La violazione dell’obbligo informativo, infatti, costituisce un danno autonomo da risarcire anche se non vi è stato un danno alla salute, in quanto ad essere leso è il diritto all’autodeterminazione del malato.

Lo ha stabilito la terza sezione civile della Cassazione, con la sentenza n. 10414/2016 (pubblicata il 20 maggio scorso e qui sotto allegata), accogliendo il ricorso di una paziente che chiedeva la condanna del medico e della struttura sanitaria al risarcimento del danno per l’inadempimento degli obblighi informativi.

leggi tutto: fonte Responsabilità medica: il danno per il mancato consenso informato va risarcito anche se l’intervento è riuscito (www.StudioCataldi.it)

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