Personalizzazione, protezione e investimento a lungo termine

Secondo Alberto Vacca, Chief Life, Capital & Investment Officer and Bancassurance Director di Aviva, in mercati finanziari sempre più incerti il ‘fai da te’ rappresenta un rischio per l’investitore

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Personalizzazione, protezione e investimento a lungo termine

Demografia, liquidità e sviluppo sono le 3 parole chiave su cui il Salone del Risparmio 2016 accende i riflettori: in che modo il settore deve affrontare i cambiamenti in corso?

Uno dei fenomeni maggiormente discussi negli ultimi anni è quello dell’invecchiamento della popolazione di tutti i paesi industrializzati. Questo fenomeno demografico ha impatti notevoli sia sulla sostenibilità economica del sistema pensionistico che di quello sanitario.
Questo trend crea delle opportunità per le imprese assicurative che offrono prodotti quali i fondi pensione aperti o i piani individuali pensionistici per integrare la propria pensione pubblica, ormai significativamente ridotta dalle modifiche al sistema del welfare. Un’altra opportunità si apre sul fronte della salute dove è sempre più necessario avere una polizza privata, anche per coprire esigenze che il SSN non copre più in modo adeguato e tempestivo.
Questo contesto è favorevole anche per i prodotti di investimento assicurativi, che offrono un perfetto connubio tra risparmio a lungo termine e pianificazione successoria, esigenza sempre più sentita per una popolazione che invecchia.
Investendo in una gestione separata o in un prodotto multiramo, ad esempio, l’investitore riesce ad ottenere diversi benefici, tra cui: una protezione maggiore dalla volatilità dei mercati rispetto ad investimenti finanziari puri, una tassazione agevolata tipica delle polizze, con il differimento al momento della liquidazione, l’impignorabilità e insequestrabilità ed in caso di morte la possibilità di ottenere una somma aggiuntiva rispetto al capitale accumulato fino a quel momento e la mancanza delle imposte di successione per il beneficiario della polizza.

Alberto Vacca, Chief Life, Capital & Investment Officer and Bancassurance Director di Aviva risponde ad alcune domande:

Fai da te vs consulenza finanziaria. Sempre più italiani si affidano a mani esperte per la costruzione del proprio portafogli. Come evolverà in futuro il rapporto tra risparmiatore e consulente?

“In un contesto di mercati finanziari sempre più incerti e difficili da prevedere, il valore della consulenza rispetto al fai da te è sempre più evidente.
Per questo motivo Aviva ha predisposto una gamma di prodotti completa e contemporaneamente capace di valorizzare il ruolo del consulente finanziario nella personalizzazione del prodotto alle esigenze specifiche del cliente guidandolo attraverso le opzioni migliori per proteggere la famiglia e se stesso. A tal proposito si possono citare le soluzioni di investimento ad architettura aperta, capaci di valorizzare l’opera del consulente con un prodotto flessibile e modulabile.”

Sarete presenti al Salone del Risparmio: perché avete deciso di partecipare e quali saranno le riflessioni che presenterete? Quali sono le opportunità che una manifestazione del genere può portare ad una realtà come la vostra?

“Il Salone rappresenta un appuntamento consolidato ed unico per gli addetti ai lavori: un luogo di incontro tra i diversi attori del mercato per condividere esperienze, valorizzare le proprie expertise ed approfondire tematiche riguardanti l’industria del risparmio gestito.
Siamo una Compagnia che da trecento anni punta all’eccellenza in diversi settori finanziari, grazie a una continua ricerca delle migliori opzioni sul mercato e alla costante collaborazione con le reti di promozione finanziaria e le principali banche con cui collochiamo i nostri prodotti.
Abbiamo deciso, per la prima volta, di partecipare a questa importante vetrina anche per dare un segnale visibile del rinnovato impegno a fianco dei promotori finanziari, canale distributivo che negli ultimi anni si è rivelato estremamente efficace e che Aviva ha messo al centro delle sue strategie di crescita.”

Sorgente: salonedelrisparmio.com

Il futuro del SSN passa anche dalle assicurazioni private

bottone_medicoIl futuro del SSN passa anche dalle assicurazioni private

“Il Servizio sanitario nazionale non può supportare ulteriori tagli, pena l’impossibilità di garantire i livelli di assistenza e quindi l’equità nell’accesso alle prestazioni socio-sanitarie. Pertanto, eventuali risorse recuperate attraverso misure di razionalizzazione della spesa dovranno essere destinate al miglioramento dei servizi sanitari”. Queste sono le conclusioni a cui si arriva con il documento dell’indagine conoscitiva sul Sistema sanitario nazionale (Ssn). Oltre ad esaminare in dettaglio la situazione con le sue luci e ombre, vengono formulate proposte per il futuro, tra cui, oltre all’annosa questione del ticket sanitario, trova un ampio spazio l’ipotesi di un ruolo sempre più crescente per le compagnie assicurative, che si affianca, questa volta però in un ambito più istituzionale, alle ipotesi formulate nei giorni scorsi nell’ambito della presentazione del rapporto Welfare, Italia.

“Basta tagli lineari, serve un cambiamento di metodo” – Tanto più che “nel corso dell’indagine conoscitiva, la Conferenza delle regioni e delle province autonome ha lamentato, sia a causa delle misure di contenimento della spesa di cui si dirà tra breve, sia a causa della riduzione del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, una contrazione delle risorse destinate dallo Stato alle regioni pari a circa 31 miliardi e 553 milioni di euro nel periodo 2011-2015″. Ora se da una parte “non appare ragionevole pensare ad un reperimento di ulteriori risorse da destinare al finanziamento del Servizio, d’altro lato non sembra nemmeno possibile tagliare ancora risorse al settore della sanità, né è più pensabile ricorrere ulteriormente alla logica del taglio lineare, poiché essa ha obbligato il sistema e le regioni ad intervenire indistintamente su alcuni settori che non necessariamente rappresentano punti di debolezza o fattori di spreco”. I tagli lineari “non possono essere il rimedio per tutte le necessità né la giusta medicina per affrontare il tema degli sprechi; le risorse necessarie devono invece essere reperite tenendo conto delle differenti capacità organizzative, culturali, nonché degli sforzi e dei successi già ottenuti negli anni dalle singole realtà regionali”. Per ciò è necessario un “cambiamento di metodo, impostando il tema del contenimento della spesa non in termini di tagli (riduzione del livello e del volume dei servizi) ma in termini di razionalizzazione della spesa, vale a dire spendere meno con gli stessi fattori produttivi, prevedendo misure premiali non solo per le regioni che abbiano avviato percorsi virtuosi di rientro dal deficit sanitario, ma anche per quelle sottoposte a piani di rientro che abbiano intrapreso processi efficaci di riorganizzazione dei servizi sanitari e assistenziali in grado di rispondere in modo appropriato ai bisogni di cura e di salute dei cittadini”.

Il Ticket del futuro.

No all’innalzamento del ticket sanitario, si al“la fissazione di una franchigia, calcolata in percentuale al reddito, fino al concorrere della quale si dovrà pagare interamente secondo le attuali tariffe ogni prestazione fruita nel corso dell’anno. Superata la franchigia, che potrebbe essere anche progressiva – le prestazioni sarebbero invece gratuite o con minime forme di compartecipazione ad effetto dissuasivo e comunque legate a percorsi di appropriatezza clinica”. Si pagherebbe quindi la prestazione fino ad un tetto massimo, variabile su base reddituale, superato il quale la prestazione diverrebbe gratuita o compartecipata.

La proposta nasce dall’analisi sull’attuale legislazione che prevede l’applicazione di un ticket pari al valore della prestazione fino ad un massimo di 36,15 euro, “con ampie categorie di esenzione, per patologie e per reddito, tanto che circa il 70 per cento delle prestazioni viene fruita da assistiti esenti”. Per l’assistenza farmaceutica l’eventuale applicazione di un ticket è demandata alle regioni. “La maggior parte delle regioni ha disposto l’applicazione del ticket, generalmente di importo pari a 2 euro per ogni farmaco a carico del SSN, prevedendo al contempo ampie categorie di cittadini esenti. Il gettito complessivo dei predetti ticket è pari a circa 2,9 miliardi di euro annui: circa 2,3 per la specialistica e circa 0,6 per l’assistenza farmaceutica”. Tuttavia, ”è stato riscontrato come l’innalzamento dei ticket sulla specialistica piuttosto che ridurre il numero delle prestazioni le abbia invece trasferite sul settore privato, posto che la compartecipazione per alcune prestazioni è risultata addirittura più onerosa del loro stesso prezzo, facendo così venir meno il gettito atteso”.

E poi: “la problematica dei crescenti importi dei ticket contribuisce, per coloro che preferiscono rivolgersi al privato, al crescente fenomeno della spesa privata” che ammonta a circa 30,3 miliardi “costituendo in tal modo una percentuale rilevante della spesa sanitaria complessiva, e con una presenza molto più elevata in alcuni settori, quali quello delle cure odontoiatriche“. Nel documento possiamo leggere come “tale spesa venga a determinare un aumento delle differenze nella tutela della salute al crescere del reddito, rivestendo per tale profilo una natura regressiva, in quanto dà luogo ad una offerta di prestazioni crescente all’aumentare del reddito del richiedente”. Inoltre, “pur collocandosi su un livello non dissimile da quella di altri Paesi europei, è nel nostro Paese quasi per l’intero out of pocket,mentre altrove è in buona parte intermediata da assicurazioni e fondi. Si tratta di una spesa che, in quanto out of pocket, è individuale (spesso cash), e non ha pertanto alcun potere contrattuale nei confronti degli enti erogatori”.

Incentivare il ruolo delle polizze di assicurazione attraverso la defiscalizzazione

La linea delle Commissioni è incentivare la sanità integrativa. “Un ultimo tipo di proposte, per aumentare l’efficienza del sistema sanitario, su cui molti degli auditi hanno convenuto, verte sull’incentivazione della sanità integrativa costituita da fondi integrativi, polizze assicurative, collettive ed individuali”. La richiesta “è di una maggior defiscalizzazione, i cui oneri per l’erario troverebbero compensazione nella minor pressione che la polizza sanitaria può determinare sulla richiesta di prestazioni pubbliche, diminuendo il numero di prestazioni erogabili dal sistema”. Inoltre “una maggior presenza dei fondi integrativi, in quanto pagata dai fondi e dalle polizze, a fronte del versamento del premio assicurativo da parte dell’interessato, riduce la spesa privata out of pocket che, come prima detto, presenta effetti regressivi”.

“La necessità di riorganizzare la spesa sanitaria privata mediante idonee forme assicurative deriva anche dalla diffusa percezione dell’insostenibilità del prelievo sia per le imprese (Irap) che per i cittadini (addizionali Irpef) nelle regioni sottoposte a piani di rientro. Tale riorganizzazione potrebbe operarsi aumentando la convenienza fiscale nei confronti dei fondi – posto che le imprese non godono di alcun vantaggio fiscale per i contributi versati ai fondi – in modo che questi arrivino ad una massa critica ed intermedino più spesa privata. In questo modo, i fondi, oltre ad intervenire necessariamente a fronte di fatturazione, raggiungendo una certa massa critica, potrebbero giungere ad avere un potere contrattuale nei confronti degli enti erogatori”.

Dunque, possiamo rilevare dal documento “ciò potrebbe consentire una maggior sostenibilità fiscale, una maggior equità sociale, in termini di attenuazione degli effetti regressivi della spesa privata individuale, di cui prima si è detto, e una miglior efficienza delle prestazioni del sistema se il predetto potere contrattuale divenisse significativo. In questo ambito è stata quindi richiesta una intensificazione degli sforzi per una progressiva messa a punto di sistemi complementari di intervento, ad esempio affiancando agli esistenti fondi integrativi – comunque da meglio sviluppare, come ripetutamente richiesto nel corso delle audizioni – un maggior ruolo ai fondi assicurativi “aperti”, sul modello seguito da altri Paesi dell’Unione europea, al fine di mantenere la piena copertura sanitaria anche in quelle aree che il sistema attuale dovesse non riuscire a coprire”.

Quindi il futuro del Servizio Sanitario Nazionale passa attraverso alcune profonde, ma necessarie, trasformazioni in cui aumenta il ruolo dei privati.
Tra le nostre offerte puoi trovare, oltre alla tradizionali polizze sanitarie (al momento non defiscalizzate) anche un Fondo Sanitario Integrativo che consente anche il recupero del contributo versato in misura pari all’aliquota marginale del reddito dichiarato.
Infatti i contributi versati ai fondi sanitari integrativi sono deducibili dal reddito fino all’importo di 3.652,20 euro all’anno.

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