Omicidio stradale

Il reato di omicidio stradale, entrato da poco in vigore, sta già vedendo i primi imputati. E allora facciamo un riassunto della norma e delle sanzioni. I media hanno dato molto risalto alle aggravanti ma non dimentichiamo che l’omicidio stradale è tale per una qualsiasi violazione delle norme di circolazione.

OMICIDIO STRADALE

Omicidio stradale le regole ci sono e vanno rispettate, ma nella malaugurata ipotesi vi imputassero, assicuratevi la miglior difesa possibile. Con 12 centesimi al giorno hai la tranquillità di una polizza di tutela legale per i rischi della circolazione. Contattaci per maggiori informazioni.

OMICIDIO STRADALE

Risponde di omicidio stradale chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (nuovo art.589 bis codice penale). Reclusione da 2 a 7 anni.

AGGRAVANTI DELL’OMICIDIO STRADALE

Omicidio stradale aggravato da stato di ebbrezza alcolica da 0,8 a 1,5 gr/lt o da sostanze stupefacenti e psicotrope Reclusione da 5 a 10 anni
Omicidio stradale aggravato da stato di ebbrezza alcolica superiore a 1,5 gr/lt o da sostanze stupefacenti e psicotrope
Omicidio stradale a seguito di sinistro avvenuto per eccesso di velocità in centro urbano pari o superiore al doppio rispetto a quella consentita e comunque non inferiore a 70 Km/h
Omicidio stradale a seguito di sinistro avvenuto per eccesso di velocità su strade extraurbane superiore a 50 Km/h rispetto a quella consentita
Omicidio stradale a seguito di sinistro avvenuto con attraversamento con il semaforo rosso
Omicidio stradale a seguito sinistro provocato dall’ aver guidato contromano
Omicidio stradale a seguito di sinistro avvenuto per aver invertito il senso di marcia in prossimità di intersezione, curve o dossi
Omicidio stradale a seguito di sinistro avvenuto per aver effettuato il sorpasso in prossimità di passaggio pedonale o linea continua
  • Se l’autore si è dato alla fuga dopo l’incidente, la pena è aumentata da 1/3 a 2/3 con un minimo di 5 anni.
  • Se è stata causata la morte di più persone o morte di una persona e lesioni ad altri, la pena può essere aumentata fino a un massimo di 18 anni.

LESIONI GRAVI – GRAVISSIME

Provocare lesioni gravi a terzi per aver violato le norme del codice della strada Reclusione da 3 mesi a 1 anno
Provocare lesioni gravissime a terzi per aver violato le norme del codice della strada Reclusione da 1 a 3 anni

AGGRAVANTI PER LESIONI GRAVI – GRAVISSIME

Lesioni gravi o gravissime a seguito di sinistro avvenuto per eccesso di velocità in centro urbano pari o doppia Reclusione da 1 anno e mezzo a 3 anni (gravi) e da 2 a 4 anni (gravissime)
Lesioni gravi o gravissime a seguito di sinistro avvenuto per eccesso di velocità su strade extraurbane superiore a 50 Km/h rispetto a quella consentita  Reclusione da 1 anno e mezzo a 3 anni (gravi) e da 2 a 4 anni (gravissime)
Lesioni gravi o gravissime a seguito di sinistro avvenuto con attraversamento con il semaforo rosso  Reclusione da 1 anno e mezzo a 3 anni (gravi) e da 2 a 4 anni (gravissime)
Lesioni gravi o gravissime a seguito sinistro provocato dall’ aver guidato contromano  Reclusione da 1 anno e mezzo a 3 anni (gravi) e da 2 a 4 anni (gravissime)
Lesioni gravi o gravissime a seguito di sinistro avvenuto per aver invertito il senso di marcia in prossimità di intersezione, curve o dossi  Reclusione da 1 anno e mezzo a 3 anni (gravi) e da 2 a 4 anni (gravissime)
Provocare lesioni gravi/gravissime a terzi con  l’aggravante dello stato di ebbrezza alcoolica da 0,8 a 1,5 gr/lt  Reclusione da 1 anno e mezzo a 3 anni (gravi) e da 2 a 4 anni (gravissime)
Provocare lesioni gravi/gravissime a terzi con aggravante dello stato di ebbrezza alcoolica oltre 1,5 gr/lt  Reclusioneda 3 a 5 anni (gravi) e da 4 a 7 anni (gravissime)
  • Se l’autore si è dato alla fuga dopo l’incidente, la pena è aumentata da 1/3 a 2/3 con un minimo di 3 anni.
  • Se sono state causate lesioni a più persone la pena può essere aumentata fino a un massimo di 7 anni.

RIDUZIONE DI PENA

Se il sinistro si è verificato non quale conseguenza esclusiva dell’azione od omissione del conducente, le pene sono diminuite fino alla metà.

REVOCA DELLA PATENTE FINO A 30 ANNI

A seguito di condanna o patteggiamento in processo per lesioni o omicidio stradale, scatta la revoca della patente. La nuova patente può essere richiesta dopo 15 anni in caso di omicidio stradale e dopo 5 anni in caso di lesioni.
Se il conducente si è dato alla fuga dopo un incidente che ha causato la morte di una o più persone, la patente può essere richiesta dopo 30 anni dalla revoca.

GUIDA IN STATO DI EBBREZZA

Lo stato di ebbrezza scatta se, al controllo, si supera il tasso alcolemico di 0,50 grammi per litro.

TASSO ALCOLEMICO SANZIONE
SUPERIORE A 0,50 e fino A 0,80 gr/lt

Ammenda da € 531 ad € 2.125 (dal 1.1.2015)

Arresto : NO

Sospensione patente da 3 a 6 mesi

Decurtati 10 punti dalla patente

Fermo del veicolo : SI

SUPERIORE A 0,80 e fino a 1,50 gr/lt

Ammenda da e 800 ad € 3.200Arresto : Si, fino a 6 mesi

Sospensione della patente da 6 mesi a 1 anno

Decurtati 10 punti dalla patente

Fermo del veicolo: SI

SUPERIORE A 1,50 gr/lt

Ammenda da € 1.500 a 6.000Arresto da 3 a 12 mesi

Sospensione della patente da 1 a 2 anni

Decurtati 10 punti dalla patente

Confisca del veicolo: SI

CASI PARTICOLARI

CONTROLLO DALLE ORE 22 ALLE ORE 7 Se il tasso alcolemico risulta superiore a 0,50 gr/lt, tutte le pene previste sono aumentate da un terzo alla metà rispetto alla pena base.
GUIDATORI CON MENO DI 21 ANNI Non possono mettersi alla guida dopo aver assunto comunque alcool. Se in fase di controllo viene a loro rilevato un tasso alcolemico da O fino a 0,5 è prevista un’ammenda da € 163,00 ad € 658,00.
NEO PATENTATI NEI  PRIMI 3 ANNI DI GUIDA Non possono mettersi alla guida dopo aver assunto comunque alcool. Se in fase di controllo viene a loro rilevato un tasso alcolemico da O fino a 0,5 è prevista un’ammenda da € 163,00 ad € 658,00.

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Pedone: ha sempre la precedenza

L’utilizzo di un veicolo, richiede sempre la dovuta cautela nei confronti dei pedone, anche se “fuori” dalle strisce.

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Pedone: ha sempre la precedenza

L’utilizzo di un mezzo a motore o anche una bicicletta, richiede sempre di prestare la dovuta cautela nei confronti del pedone, senza limitarsi al pensiero che devono per forza attraversare sulle strisce

Il principio è stato confermato dalla Corte di Cassazione in una sentenza di giugno, la numero 26111/2016.

La citata sentenza conferma la condanna per omicidio colposo in capo a un automobilista che aveva investito un’anziana signora, anche se era fuori dalle strisce pedonali, causandone la morte.

A nulla è valsa la difesa del conducente che portava quale esimenti il fatto che qualche metro più avanti ci fossero delle strisce pedonali: la adeguata attenzione è inderogabile.

Oltre a questo la Corte ha considerato che nel luogo in cui si era verificato l’incidente la visibilità era buona e sufficiente a permettere ad un attento e prudente automobilista di evitare l’investimento della donna con tempestività, nonostante l’età avanzata di questa e il passo lento, e nonostante essa si accingesse ad attraversare la strada fuori dagli spazi segnalati.

Per i giudici è il conducente di un veicolo obbligato ad osservare la massima prudenza e procedere a velocità moderata quando si trova in prossimità degli attraversamenti pedonali, permettendo così al pedone di esercitare il diritto di precedenza che gli spetta comunque sia se attraversa sulle strisce sia se attraversa nelle loro vicinanze.

La Cassazione ha ricordato che, in ogni caso, il diritto di precedenza va subordinato al principio del neminem laedere, principio del non offendere nessuno, anche quando il pedone attraversa fuori dalle apposite strisce, con la conseguenza che gli automobilisti sono sempre tenuti a rallentare e, se necessario, a fermare la marcia se ciò è dovroso per evitare incidenti anche connessi alla mancata cessione della precedenza a loro favore. In caso contrario la responsabilità per l’evento colposo che sia eventualmente derivato è comunque attribuibile ad essi, anche se al comportamento tenuto dal pedone può essere attribuita efficienza causale concorsuale, vale a dire il contributo del pedone nel suo investimento.

fonte: http://www.studiocataldi.it/

testo della sentenza CLICCA QUI

La responsabilità non è mai del pedone salvo prova contraria

La responsabilità non è mai del pedone salvo prova contraria, lo afferma la Cassazione  nella sentenza 51191 del 10 novembre 2015

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La responsabilità non è mai del pedone salvo prova contraria

La Cassazione, con sentenza 51191 del 10/11/2015, ha affermato, quali siano le condizioni per l’esimenti del conducente di un autoveicolo nel caso di urto con un pedone.

La prima condizione prevede che il conducente dell’auto, indipendentemente dalla sua volontà, si sia trovato nell’impossibilità di attendere ad ogni suo obbligo di prudenza e diligenza, e quindi, oggettivamente impossibilitato ad avvistare il pedone e ad osservare eventuali movimenti, anche inattesi.

La seconda è che non sia ravvisabile alcuna infrazione e violazione del codice della strada (oltre a quelle di comune prudenza) da parte del conducente del veicolo.

Di seguito il testo della sentenza 51191 del 10/11/2015:

1. Con sentenza in data 20 dicembre 2014 il giudice di pace di Milano assolveva … Paolo dal reato di cui all’art. 590 cp, aggravato ex art. 191 cds, perche’ il fatto non costituisce reato. Riteneva il predetto giudice che non fosse possibile ricostruire con precisione l’incidente avvenuto il 9/4/2012 nel corso del quale … era stata urtata dall’auto condotta dall’imputato mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali. La ragazza, che stava facendo attivita’ fisica di podista nella zona Montagnetta di San Siro, mentre attraversava via Terzaghi sulle strisce pedonali veniva investita dall’auto dell’imputato proveniente dalla sua sinistra e colpita al ginocchio, riportando la frattura pluriframmentaria del piatto tibiale esterno con affossamento del ginocchio sinistro.

2. Avverso tale sentenza, ricorre per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Milano lamentando violazione di legge e difetto di motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. b).

Si rileva che erroneamente la sentenza afferma che all’imputato non era stata contestata alcuna violazione del codice della strada e che la stessa e’ apodittica e non tiene conto delle risultanze processuali nella parte in cui ritiene che la persona offesa, podista, stesse correndo anche nella fase dell’attraversamento dell’incrocio, circostanza smentita dalla stessa parte offesa che ha riferito di aver attraversato a passo veloce, avendo notato l’auto dell’imputato ferma che pero’ aveva ripreso la marcia propria quando ella aveva iniziato l’attraversamento, tanto che il … si era scusato affermando che non l’aveva vista;

rileva che e’ illogica la motivazione assolutoria fondata sull’impossibilita‘ di accertare l’esatto punto d’urto, attesa la certezza che la … fu investita sulle strisce pedonali e che il … la investi con la parte anteriore della sua vettura, essendo distratto, come si legge in sentenza, nel punto in cui il giudice ha riportato la testimonianza di … , che ha precisato che” il conducente dell’ auto non aveva visto la signorina passare perche’ impegnato a guardare nella parte opposta”, cosi confermando quanto riferito dalla p.o. in querela circa le scuse ricevute dal …, per non averla vista. Appare poi assolutamente carente, illogica, incomprensibile la motivazione laddove, per escludere l’elemento soggettivo della colpa, si e’ limitata a rilevare che la presunzione di colpa a carico di due conducenti di veicoli in collisione prevista dal codice civile (art.2054 c.c.) non si applica al campo penale. Lamenta che la suddetta conclusione e’ completamente avulsa da una doverosa valutazione dell’elemento soggettivo del caso di specie secondo i principi fissati da questa Suprema Corte.

3. Nell’interesse dell’imputato il difensore, avvocato Antonio Maria Caleca, si oppone all’accoglimento del ricorso evidenziando che il giudice di pace e’ pervenuto a sentenza di assolutoria con una motivazione corretta, basata sull’esame di tutte le risultanze processuali che pero’ non avevano consentito di sciogliere i dubbi circa la condotta delle due parti coinvolte che impedivano di valutare la misura delle loro responsabilita’ in merito alla causazione dell’evento.

Sottolinea come nessuna infrazione al codice della strada sia stata contestata all’imputato dalla polizia stradale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso merita accoglimento.

Ed invero, come correttamente osservato dal Procuratore ricorrente , questa Corte, nel caso di investimento di pedone, ha affermato, con giurisprudenza consolidata (sez.4 sentenza n. 20027 del 16.4.2008; sez. 4 sentenza n.33207 del 2.7.2013 Rv. 255995 ) che, per escludere la colpa del conducente di auto, occorre affermare la colpa esclusiva del pedone, che si realizza solo in presenza di una duplice condizione. Per la prima condizione, occorre che il conducente si sia venuto a trovare, per  motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza e prudenza, nell’oggettiva impossibilita’ diavvistare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo inatteso. La seconda e’ che nelcomportamento del conducente non sia ravvisabile nessuna violazione delle norme del codice della strada e di quelle di comune prudenza.

Nella specie il capo di imputazione aveva evidenziato uno specifico profilo di colpa nei confronti del … consistente nellaviolazione dell’art. 191 cds che regola appunto il comportamento del conducente nei confronti del pedone. Tale profilo di colpa doveva essere indagato a prescindere dal fatto che nell’immediatezza non fossero state elevate contravvenzioni da parte della polizia stradale intervenuta. Infatti l’addebito colposo, anche a titolo di colpa specifica, prescinde dalla eventuale, concorrente responsabilita’ amministrativa, spettandone l’accertamento con piena autonomia alla autorita’ giudiziaria ove per il fatto venga instaurato procedimento penale.

Di tale profilo non si e’ fatta alcun carico la sentenza impugnata che nulla ha riferito al riguardo nemmeno indicando quale siano state le circostanze in cui si e’ svolto l’incidente ed in particolare la direzione di marcia del veicolo rispetto al pedone e la possibilita’ di avvistamento dello stesso a distanza.

La sentenza, incentrando il proprio giudizio assolutorio solo sulla mancanza di certezza in merito alla esatta ricostruzione dell’incidente, non ha in alcun modo considerato il comportamento dei due utenti della strada, l’automobilista ed il pedone, nei reciproci rapporti. Come opportunamente ha ricordato il procuratore ricorrente, le regole della circolazione stradale in centri abitati impongono al conducente di vigilare al fine di avvistare possibili situazioni di pericolo rappresentate anche dalla presenza di pedoni fuori dagli spazi ai medesimi riservati, e di tenere una condotta di guida adeguata alle concrete situazioni di luogo e di tempo, moderando la velocita’ secondo l’occorrenza e arrestando la marcia del veicolo, al fine di prevenire il rischio di un investimento. Circa i doveri di attenzione del conducente nei riguardi dei pedoni, si e’ sottolineato che grava sul conducente l’obbligo di ispezionare continuamente la strada che sta per impegnare, mantenendo un costante controllo del veicolo in rapporto alle condizioni della strada stessa e del traffico e di prevedere tutte quella situazioni che la comune esperienza Corte di Cassazione – copia non ufficiale comprende, in modo da non costituire intralcio o pericolo per gli altri utenti della strada (sez. 4, 13 ottobre 2005, Tavoliere).

Al fine di escludere la responsabilita’ del conducente e’, percio’, necessario che lo stesso sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilita‘ di avvistare il pedone e di osservarne i movimenti, specie se attuati in modo rapido ed inatteso; occorre, inoltre che nessuna infrazione alla norme della circolazione stradale, che possa assumere rilevanza rispetto all’evento, ed a quelle di comune prudenza sia riscontrabile nel suo comportamento.

2.Alla luce di tali osservazioni, ritiene il Collegio che la sentenza impugnata debba essere annullata per non avere considerato tali rilevanti principi.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al giudice di pace di Milano.

Cosi’ deciso in Roma, il 10/11/2015.

Quando il pedone attraversa fuori dalle strisce ha torto

Secondo la Cassazione il pedone che attraversa imprudentemente al di fuori delle strisce attuando un comportamento irresponsabile, elimina la presunzione di responsabilità dell’automobilista.

pedone

Quando il pedone attraversa fuori dalle strisce ha torto

Una nuova sentenza della Cassazione che condanna il pedone che attraversa la strada fuori dalle strisce pedonali.

Con l’ordinanza n. 23519/2015, che potete leggere in calce, la Corte Suprema ha confermato la sentenza dei Giudici di Merito e bocciato la richiesta dei familiari di un uomo investito fuori dalle strisce pedonali.

Chi attraversa “improvvisamente una strada a largo scorrimento, in ora serale, in condizioni di scarsa visibilità e fuori dalle strisce pedonali” comparendo all’improvviso dinnanzi al veicolo che non può evitarlo ha un comportamento che costituisce “un elemento tale da escludere la presunzione di responsabilità gravante sul conducente dell’autoveicolo.”

La Corte ha quindi confermato l’azione dei giudici di merito e stabilendo che la condotta imprevedibile, oltre che imprudente, del pedone ha reso “l’impatto inevitabile, non consentendo al guidatore dell’autoveicolo neppure la possibilità di una manovra di emergenza.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 13 ottobre – 17novembre 2015, n. 23519

Presidente Finocchiaro – Relatore Rubino

Svolgimento del processo e motivi della decisione E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Nel 1998 A.R.R., M.C., M.M.S. e M.L. convenivano in giudizio M.P. e la compagnia di….. s.p.a. , chiedendo il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’incidente stradale del quale era rimasto vittima A.M., figlio e fratello degli attori, investito dalla vettura condotta dal M. mentre tentava di attraversare una strada fuori dalle strisce pedonali. Il contraddittorio veniva integrato nei confronti di … S., proprietaria della vettura. La domanda degli attori veniva rigettata sia in primo che in secondo grado.

A.R.R., M.C., M.M.S. hanno proposto tempestivo ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli, n. 2884 del 2013, depositata l’11 luglio 2013, formulando quattro motivi : 1) con il primo denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 350 secondo comma, 291 e 101 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 per non aver verificato l’integrità del contraddittorio in appello e per non aver dichiarato la contumacia degli appellati M. e S.; 2) con il secondo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2054 e 1227 c.c., 190 e 191 c.d.s. e 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per aver erroneamente applicato le norme richiamate in tema di circolazione stradale ed il principio relativo alla presunzione di colpa per aver ritenuto unico responsabile del sinistro il pedone; denunciano altresì la presenza di un vizio di motivazione in ordine alla dinamica con riferimento alla condotta del conducente; 3) violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. , nonché l’erronea valutazione dei mezzi di prova acquisiti e la presenza di un vizio di motivazione per aver erroneamente interpretato i mezzi di prova raccolti in contrasto con la ricostruzione effettuata dalla Polstrada; 4) violazione ed errata applicazione degli artt. 112, 115, 342 e 352 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 per omessa pronuncia sull’ultimo motivo di gravame e cioè sulle richieste istruttorie.

La ….. Ass.ni s.p.a. resiste con controricorso, le altre parti, regolarmente intimate, non hanno svolto attività difensive. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., in quanto appare destinato ad essere rigettato.

Preliminarmente, va detto che la sentenza impugnata è stata depositata l’11.7.2013, pertanto deve essere applicato il nuovo testo dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod.proc.civ., come modificato dal decreto-legge 22 giugno 2012, n.83, convertito, con modifiche, nella legge 7 agosto 2012 , n. 134, secondo cui è configurabile il vizio di motivazione solo in caso di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Tutti i riferimenti al vizio di motivazione, solo genericamente allegato in riferimento a vari motivi di ricorso, in relazione a punti della decisione che sono stati oggetto di esame e valutazione da parte della Corte d’appello, che riproducono senza peraltro neppure svilupparla una più ampia nozione di vizio di motivazione ormai non più vigente, sono da ritenere inammissibili sulla base dei criteri indicati dalla sentenza 7 aprile 2014, n. 8053 delle Sezioni Unite di questa Corte. Per quanto concerne i sollevati profili di violazione di legge, il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, in quanto l’erronea dichiarazione della contumacia di una parte non determina un vizio della sentenza deducibile in cassazione, se non abbia cagionato in concreto alcun pregiudizio allo svolgimento dell’attività difensiva (Cass. S.U. n. 2881 del 2002; Cass. n. 2953 del 2006). Parimenti infondato sembra essere il secondo motivo, che censura la sentenza di merito laddove la corte territoriale, confermando la sentenza di primo grado, ha ritenuto che dalle risultanze istruttorie emergessero elementi nel comportamento del pedone (che attraversava improvvisamente una strada a largo scorrimento, in ora serale, in condizioni di scarsa visibilità e fuori dalla strisce pedonali, parandosi d’improvviso davanti alla vettura condotta dal M. che non poteva evitarlo) tali da escludere la presunzione di responsabilità gravante sul conducente dell’autoveicolo. La corte territoriale ha fatto corretta applicazione sia della presunzione di responsabilità in capo al conducente, ex art. 2054 primo comma c.c., sia dei limiti di essa, fissati dalla stessa norma, ritenendo, con valutazione in fatto non in questa sede rinnovabile, che il comportamento del pedone fu a tal punto imprevedibile, oltre che imprudente, da rendere l’impatto inevitabile, non consentendo al guidatore dell’autoveicolo neppure la possibilità di una manovra di emergenza.

Il terzo motivo è inammissibile, in quanto si traduce in una censura in fatto,non consentita, sulla valutazione delle prove, ed è anche carente sotto il profilo dell’autosufficienza perché non richiama i passi del rapporto rispetto ai quali la sentenza si sarebbe posta in contraddizione o che avrebbe trascurato nell’affermare l’esclusiva responsabilità del pedone.

Anche il quarto motivo è inammissibile, perché il ricorrente si duole della mancata ammissione di alcuni mezzi istruttori, ma non precisa neppure quali essi siano, non li riproduce e non evidenzia né consente a questa Corte di valutare quale rilevanza essi avrebbero potuto spiegare ai fini della decisione sul merito della controversia.

La decisione impugnata resiste, in definitiva, alle critiche formulate da parte ricorrente”.

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio – esaminata la memoria dei ricorrenti – ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa. Il ricorso va pertanto rigettato per i motivi esposti. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso delle spese del giudizio di cassazione in favore della contro ricorrente, liquidate in € 4.200,00 (di cui € 200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge e contributo spese generali.

Ai sensi dell’art.13 co. 1 quater del d.p.r. n.115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte deli ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Il pedone che attraversa su strada larga e con visibilità ha ragione

Il pedone che attraversa la strada, sul lato sbagliato e viene investito da un veicolo ha il diritto al risarcimento totale se il sinistro accade su un rettilineo molto largo e con la luce del giorno.

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Il pedone che attraversa su strada larga e con visibilità ha ragione

È quanto stabilito dal tribunale di Milano con la sentenza 6231/2015, che ha accolto le richieste di un cittadino tedesco, investito davanti all’albergo dove era alloggiato da un uomo alla guida ci un ciclomotore.

Il giudice del tribunale milanese ha attribuito l’intera responsabilità al conducente del veicolo a motore affermando che: “va richiamato che, nel caso di investimento di un pedone da parte di un veicolo senza guida di rotaie, la norma di cui all’art. 2054 comma 1 c.c. pone a carico del conducente del veicolo una presunzione iuris tantum di colpa; che, per vincere tale presunzione e fondare un giudizio di colpa esclusiva o concorrente del pedone, il conducente ha l’onere di provare che il pedone ha tenuto una condotta anomala, violando le regole del Codice della Strada e ponendosi imprevedibilmente ed improvvisamente dinanzi alla traiettoria del veicolo”.

Perciò, nonostante il pedone si trovasse ad attraversare sul lato destro della strada, anziché su quello sinistro dove c’era il marciapiede, atteso che l’incidente era avvenuto in condizioni di buona visibilità e su un tratto rettilineo, largo e senza curve, senza che si potesse ravvisare una condotta anomala da parte del danneggiato o condizioni di traffico particolari in ordine alle quali la presenza dello stesso avrebbe potuto costituire ragione di intralcio oggettivo alla circolazione per il motociclo.

Al fine di ravvisare il concorso di colpa, il tribunale ha aggiunto che spetta al conducente del veicolo dimostrare la condotta colposa del pedone, cosa che non è stato possibile dimostrare in quanto: “il pedone era perfettamente visibile ed agevolmente superabile da parte del conducente del motociclo sopraggiungendo da tergo, perciò non risultando alcuna concreta turbativa da parte del pedone”.

Trib.Milano, sentenza n. 6231/2015 

Fonte: Sinistri stradali: non ha colpa il pedone che attraversa sul lato sbagliato se la strada è larga e l’incidente avviene in pieno giorno
(www.StudioCataldi.it)

Quando la colpa è del pedone

Il pedone non ha sempre ragione: anche lui può avere colpa (in tutto in parte) in un incidente stradale nel quale viene investito

Rassegna Stampa intermediachannel.it e fonte quotidianodiritto.ilsole24ore.com

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(Autore: Maurizio Caprino – Quotidiano del Diritto)

Quando la colpa è del pedone

Il pedone non ha sempre ragione: anche lui può avere colpa (in tutto in parte) in un incidente stradale nel quale viene investito e tutto dipende da dove e come attraversa la strada. Lo ha confermato la Terza sezione civile della Cassazione, con la sentenza 24204/2014, depositata ieri.

La pronuncia riguarda la complessa vicenda di un pedone investito nel 1992, mentre era malato di Alzheimer in fase iniziale e morto per questo morbo nel 1997; un esito accelerato dal trauma dell’incidente.

Oltre a confermare la decurtazione del risarcimento per invalidità permanente alla vittima in ragione del fatto che l’Alzheimer lo avrebbe comunque condotto alla demenza totale (per cui il danno riportato nell’incidente va valutato in modo inferiore a quanto si farebbe con una persona sana), la Cassazione ha ribadito e rafforzato i suoi orientamenti più recenti sulla responsabilità del pedone.

Infatti, è stata ricordata la sentenza 5399/2013 che tenne conto dell’imprevedibilità del comportamento di chi aveva scavalcato improvvisamente un guard-rail su una strada a scorrimento veloce. Il caso della sentenza di ieri è più sfumato: al momento dell’impatto, il pedone si trovava sulla carreggiata a due metri dal ciglio, una posizione pericolosa ma che avrebbe potuto consentire una manovra d’emergenza per evitarlo. Inoltre, c’erano lavori in corso e quindi il conducente avrebbe dovuto guidare con più prudenza. La Corte ha convalidato la tesi secondo cui la posizione pericolosa del pedone costituisce una sua responsabilità, anche se minore. Così è stato confermato il concorso di colpa, col 25% al pedone.

(Autore: Maurizio Caprino – Quotidiano del Diritto)

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