Personalizzazione, protezione e investimento a lungo termine

Secondo Alberto Vacca, Chief Life, Capital & Investment Officer and Bancassurance Director di Aviva, in mercati finanziari sempre più incerti il ‘fai da te’ rappresenta un rischio per l’investitore

salvadanaio

Personalizzazione, protezione e investimento a lungo termine

Demografia, liquidità e sviluppo sono le 3 parole chiave su cui il Salone del Risparmio 2016 accende i riflettori: in che modo il settore deve affrontare i cambiamenti in corso?

Uno dei fenomeni maggiormente discussi negli ultimi anni è quello dell’invecchiamento della popolazione di tutti i paesi industrializzati. Questo fenomeno demografico ha impatti notevoli sia sulla sostenibilità economica del sistema pensionistico che di quello sanitario.
Questo trend crea delle opportunità per le imprese assicurative che offrono prodotti quali i fondi pensione aperti o i piani individuali pensionistici per integrare la propria pensione pubblica, ormai significativamente ridotta dalle modifiche al sistema del welfare. Un’altra opportunità si apre sul fronte della salute dove è sempre più necessario avere una polizza privata, anche per coprire esigenze che il SSN non copre più in modo adeguato e tempestivo.
Questo contesto è favorevole anche per i prodotti di investimento assicurativi, che offrono un perfetto connubio tra risparmio a lungo termine e pianificazione successoria, esigenza sempre più sentita per una popolazione che invecchia.
Investendo in una gestione separata o in un prodotto multiramo, ad esempio, l’investitore riesce ad ottenere diversi benefici, tra cui: una protezione maggiore dalla volatilità dei mercati rispetto ad investimenti finanziari puri, una tassazione agevolata tipica delle polizze, con il differimento al momento della liquidazione, l’impignorabilità e insequestrabilità ed in caso di morte la possibilità di ottenere una somma aggiuntiva rispetto al capitale accumulato fino a quel momento e la mancanza delle imposte di successione per il beneficiario della polizza.

Alberto Vacca, Chief Life, Capital & Investment Officer and Bancassurance Director di Aviva risponde ad alcune domande:

Fai da te vs consulenza finanziaria. Sempre più italiani si affidano a mani esperte per la costruzione del proprio portafogli. Come evolverà in futuro il rapporto tra risparmiatore e consulente?

“In un contesto di mercati finanziari sempre più incerti e difficili da prevedere, il valore della consulenza rispetto al fai da te è sempre più evidente.
Per questo motivo Aviva ha predisposto una gamma di prodotti completa e contemporaneamente capace di valorizzare il ruolo del consulente finanziario nella personalizzazione del prodotto alle esigenze specifiche del cliente guidandolo attraverso le opzioni migliori per proteggere la famiglia e se stesso. A tal proposito si possono citare le soluzioni di investimento ad architettura aperta, capaci di valorizzare l’opera del consulente con un prodotto flessibile e modulabile.”

Sarete presenti al Salone del Risparmio: perché avete deciso di partecipare e quali saranno le riflessioni che presenterete? Quali sono le opportunità che una manifestazione del genere può portare ad una realtà come la vostra?

“Il Salone rappresenta un appuntamento consolidato ed unico per gli addetti ai lavori: un luogo di incontro tra i diversi attori del mercato per condividere esperienze, valorizzare le proprie expertise ed approfondire tematiche riguardanti l’industria del risparmio gestito.
Siamo una Compagnia che da trecento anni punta all’eccellenza in diversi settori finanziari, grazie a una continua ricerca delle migliori opzioni sul mercato e alla costante collaborazione con le reti di promozione finanziaria e le principali banche con cui collochiamo i nostri prodotti.
Abbiamo deciso, per la prima volta, di partecipare a questa importante vetrina anche per dare un segnale visibile del rinnovato impegno a fianco dei promotori finanziari, canale distributivo che negli ultimi anni si è rivelato estremamente efficace e che Aviva ha messo al centro delle sue strategie di crescita.”

Sorgente: salonedelrisparmio.com

Gestioni separate contro gestioni scellerate

Gestioni separate contro gestioni scellerate. Banche e conflitto di interessi. Carlo Colombo, consigliere UEA affronta il tema della “poca” trasaparenza degli istituti di credito.

gestioni separate

Gestioni separate contro gestioni scellerate

Gestioni separate (delle compagnie di assicurazioni) contro gestioni scellerate (delle banche). Carlo Colombo, Consigliere UEA con delega a Disintermediazione, bisogni del cliente e trasparenza dei contratti affronta in due articoli, di cui il seguente è il primo,  relativi al tema dello scandalo banche e visti dal punto di vista assicurativo, ed il secondo che sarà pubblicato prossimamente con titolo “Agenti presenti vs bancari danzanti”.

UEA sullo scandalo banche: Gestioni separate vs gestioni scellerate – di Carlo Colombo, Consigliere UEA con delega a Disintermediazione, bisogni del cliente e trasparenza dei contratti

In questi giorni di festa, in cui ha continuato ad imperversare la polemica legata agli scandali bancari, un fantasma è stato da più parti evocato, citato e mai approfondito, strumentalmente agitato, ma funzionalmente non approfondito: il famigerato “conflitto di interessi”.

Ebbene questo mostro a due (o più teste) ha molti padri – e di certo molti figli – sui quali occorre cominciare a fare un po’ di chiarezza. Ad esempio riconoscendo che le banche, quando collocano prodotti finanziari attraverso i loro dipendenti, hanno l’interesse ad attribuire ai loro clienti profili di rischio più elevati rispetto a quelli effettivi per poter avere un mercato più ampio e “mano libera” nel proporre prodotti più complessi (e solitamente più remunerativi per loro). Certo nei prospetti informativi – che oramai vengono dati su cd o fatti scaricare da internet perché le suddette informazioni abbisognano di centinaia e centinaia di pagine (che le banche dovrebbero illustrare accertandosi che i clienti abbiano ben inteso) – è evidenziata la scarsa probabilità che hanno gli stessi di dare performance positive rispetto al mercato di riferimento.

Ma questo le banche lo hanno evidenziato ai clienti?

D’altronde in un momento di tassi vicini allo zero, qualsiasi fondo monetario od obbligazionario con una commissione di gestione dell’1% è logico che dia un risultato negativo. Quindi, piuttosto che indirizzare i clienti verso prodotti più adeguati alle loro esigenze, e meno remunerativi per la banca, cosa fa frequentemente il mondo bancario? Alza forzatamente il profilo di rischio tollerabile dal cliente tramite la compilazione del “modello MIFID”, dal quale deve risultare per legge che il cliente abbia una conoscenza dei prodotti finanziari che si appresta ad acquistare, un orizzonte temporale ed una propensione al rischio maggiore di quella reale e quindi coerente per potergli vendere prodotti più rischiosi. La banca poi… incrocia le dita sperando che i mercati tirino! Altrimenti, com’è possibile che la conclamata bassa cultura finanziaria del cittadino medio italiano, non risulti dai profili di rischio dei questionari MIFID? Quando siamo diventati tutti esperti di finanza?

Soprattutto di questi tempi, un validissimo strumento dove trovare un porto sicuro per i propri risparmi è costituito dalle “gestioni separate” (ramo Vita) delle Compagnie assicurative, in quanto:

  • sono separate dal patrimonio della Compagnia: quindi non c’è confusione patrimoniale come in campo bancario dove, se il 20% dei clienti decidesse di ritirare i propri soldi contemporaneamente, le banche non sarebbero in grado di farvi fronte. Inoltre, nel caso la compagnia avesse dei problemi di bilancio, gli assicurati sarebbero comunque garantiti dalle attività presenti nella gestione separata e dalle riserve tecniche appostate per obbligo di legge;
  • sono fortemente vincolate dalle legge nelle percentuali e nella qualità dei titoli acquistabili dal gestore;
  • oltre alla diversificazione ed alla scelta di titoli affidabili, la Compagnia per legge pone a garanzia delle attività della gestione separata il proprio patrimonio, trovandosi quindi in perfetta comunione di interessi con il proprio cliente che viene ad essere ulteriormente tutelato in caso di dissesti del mercato o dai rischi demografici legati al continuo aumento della vita media ed al conseguente rischio del cittadino di vivere, in condizioni disagiate, oltre i propri risparmi.

Ma anche qui, gli operatori presenti sul mercato non sono tutti uguali: accanto alle Compagnie tradizionali, che vantano indici di solvibilità solitamente lusinghieri, facilmente rilevabili dai fascicoli informativi, troviamo altri operatori meno affidabili e meno patrimonializzati.

La differenza, ancora una volta, la fanno gli Agenti (che qualche società di consulenza/potentato poco avveduto vorrebbe, per avere la mano più libera, estromettere attraverso la digitalizzazione ed altri marchingegni) abituati, a differenza di quanto accade in banca o sul web, a metterci la faccia per decine di anni e ad indagare le reali esigenze degli assicurati, illustrando loro nel dettaglio tutte le specifiche del contratto e accertandosi dell’effettiva comprensione.

Sorgente: Voci dalla Rete Intermedia Channel

Assicurazioni e previdenza integrativa: Fare gli struzzi non serve, il fondo sì

(di Federica Pezzatti – Plus24) Previdenza integrativa. L’atlante di Allianz conferma l’esiguità del secondo pilastro. Il 60% degli «under 34» non sa cosa li attende.

Assicurazioni e previdenza integrativa: Fare gli struzzi non serve, il fondo sì

Un lavoratore che va in pensione oggi, in media ha davanti a sé circa 18 anni da trascorrere in quiescenza. Se tornassimo indietro agli anni Settanta il periodo sarebbe stato di circa 16 anni. Grazie all’allungamento delle aspettative di vita si amplia infatti il periodo del pensionamento. Ma questi anni extra, destinati ad aumentare, anche se Tito Boeri sostiene che i trentenni di oggi lavoreranno fino a 75 anni, sono un fattore da pianificare o possono rivelarsi un onere insostenibile soprattutto per le future generazioni? E come si stanno evolvendo i trend demografici nel mondo? ………

……L’Italia è al 19° posto, vicina a Portogallo e Francia. «Dall’analisi emerge dunque la sostanziale esiguità dei pilastri che dovrebbero sostenere la previsione pubblica – sottolinea Michela Coppola, senior economist di Allianz AM del Gruppo Allianz –. Un dato noto dovuto al fatto che gli effetti delle riforme pensionistiche sono relativamente recenti ma anche alla scarsa diffusione dei fondi pensione presso i giovani che sono coloro che più ne hanno bisogno». Ma quanto è sostenibile la situazione? L’Atlante è arricchito da una sezione che affronta proprio il tema della sostenibilità finanziaria nel lungo termine dei sistemi pensionistici (Indice di Sostenibilità Psi) che prende in rassegna fattori chiave come i trend demografici, la sostenibilità degli equilibri di finanza pubblica, la struttura dei sistemi previdenziali da cui emerge che l’Italia è in sofferenza a causa della scarsa natalità e dell’elevata speranza di vita.

Sorgente: Assicurazioni e previdenza integrativa: Fare gli struzzi non serve, il fondo sì | Intermedia Channel

Le regole per investire in sicurezza

Il decalogo per investire e l’educazione finanziaria di Feduf-Consumatori

salvadanaio

Le regole per investire in sicurezza

Ecco le “regole d’oro” per investire:

  1. CONOSCERE LE TIPOLOGIE DI INVESTIMENTO. Le azioni sono strumenti finanziari con cui partecipiamo al capitale sociale di un’azienda. Le obbligazioni sono strumenti con i quali diventiamo creditori del soggetto (Stato, impresa o banca) che ha emesso il titolo per un periodo di tempo definito da un contratto. I fondi comuni raccolgono il risparmio di più investitori per investirlo in molteplici strumenti finanziari.
  2. STABILIRE IL VALORE DI UN TITOLO. Occorre tenere in considerazione il suo prezzo rispetto all’inflazione, il suo andamento e la sua liquidità, ovvero la sua capacità di essere scambiato con facilità sul mercato. 
  3. DECIDERE L’ORIZZONTE TEMPORALE DEL PROPRIO INVESTIMENTO. Se ad esempio l’investimento temporale è ridotto, è meglio fare investimenti a basso rischio, perché avremo meno tempo per risanare le perdite con altre scelte di investimento. Se invece i tempi sono più ampi, possiamo investire una parte del nostro denaro con un grado di rischio più alto. In ogni caso non bisogna mai trattare le Borse come dei casinò. 
  4. CONTROLLARE GLI INVESTIMENTI. Anche se abbiamo fiducia nella nostra banca bisogna informarsi costantemente dei nostri investimenti, anche confrontandosi con altri operatori, e agire immediatamente in caso di necessità. 
  5. VERIFICARE SEMPRE LA SOLIDITA’ DELL’EMITTENTE: un’obbligazione di un’azienda storica, ad esempio, non è per forza sicura. Bisogna farsi consigliare da più fonti, paragonando diverse le informazioni.
  6. RICEVERE INFORMAZIONI NECESSARIE DA PARTE DELLA BANCA. Quando ci sottopone una tipologia di investimento, la banca è tenuta a comunicare in maniera chiara e comprensibile: la tipologia dello strumento, il soggetto che lo ha emesso, il mercato di quotazione e di negoziazione, gli eventuali conflitti di interesse potenziali, la classe di rischio assegnata dalla banca allo strumento finanziario.
  7. VALUTARE RISCHI E GUADAGNI. Più alto è il rischio, più alto è il guadagno possibile, ma possibile non vuol dire certo, né tanto meno probabile. Non esistono dunque guadagni facili a rischio zero. 
  8. MEGLIO FRAZIONARE GLI INVESTIMENTI. Più diversifichiamo le tipologie di investimenti effettuati, fra titoli più e meno rischiosi, più il rischio di perdita del proprio capitale diminuisce.

E ora? Così le banche proveranno a distrarvi

Le banche offriranno nuove polizze a chi ha perso tutto. Ma il cliente deve pretendere il risarcimento.

fonte lettera24.it

prelievo-forzoso-conti-correnti

E ora? Così le banche proveranno a distrarvi

Lettera43.it pubblica un’intervista a Vincenzo Imperatore, “bancario pentito” autore del libro IO LO SO ED HO LE PROVE, in cui denuncia i modi “truffaldini”, o comunque poco trasparenti,  che utilizzavano le banche di piazzare “spazzatura” tra la clientela, in nome del solo “guadagno” (della banca). Pratiche oggi non completamente dimenticate. Di seguito alcuni stralci dell’articolo.

Tutti a guardare l’ultima scena e a esprimere pareri, giudizi, consigli (talvolta pontificando) senza aver visto l’intero film.
È quanto sta accadendo in questi giorni a seguito del fallimento delle quattro piccolissime banche (CariChieti, Etruria, Marche e Carife) che valgono, è bene ricordarlo, solo l’1% del sistema creditizio italiano.
Una minuzia.
SCOPRONO L’ACQUA CALDA. E quindi ora tutti a parlare di «profilo di rischio» (anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan), di pressioni commerciali, di bail in, di prodotti tossici.
Tutti argomenti affrontati nei miei libri (il primo, Io so e ho le prove, è di ottobre 2014), ma soprattutto ribaditi settimanalmente da circa un anno sulle pagine della rubrica “Lo sportello” di Lettera43.it.
Ma io non sono un mago, ho semplicemente vissuto in quel mondo: «Non sono la vittima di un sistema, ma quel sistema ho contribuito a costruirlo e alimentarlo».

LO SCENARIO È RIPETIBILE. Si potrebbe ripetere, ovviamente sotto forme diverse, questo tipo di scenario?
Il cantautore franco-belga Jacques Brel diceva: «Conosco delle barche che si dimenticano di partire, hanno paura del mare a furia di invecchiare».

Lo stesso meccanismo usato dopo il crac di Lehman Brothers

Nel febbraio del 2009 a tutti noi direttori di area arriva una convocazione per una riunione molto riservata in cui ci viene consegnato un documento con l’ordine di non divulgarlo ai nostri collaboratori.
In sintesi vi si diceva che la banca avrebbe avviato un’azione di customer care per tutelare in modo «paritario e indiscriminato» tutti i sotto­scrittori di polizze assicurative con sottostante obbligazioni Lehman Brothers.
Poiché la banca d’affari era fallita, e quindi le probabilità di recupero erano molto basse se non nulle, il top management pensò strategicamente di sottoporre a tutti i sotto­scrittori una duplice proposta.

IMMEDIATO INCASSO DEL 50%. La prima era di incassare subito la metà del capitale investito (quindi per­dere subito il 50%) mantenendo però la titolarità della polizza.
In altre parole, per l’altra metà, il cliente avrebbe dovuto sperare di recuperare qualcosa diret­tamente da Lehman attraverso le procedure concorsuali o comunque giudiziali.

POLIZZA NUOVA DI ZECCA. La seconda proposta era di trasformare la polizza in un’altra nuova di zecca.
Come a dire: carissimo cliente, con questa nostra offerta lei può recuperare quasi il 100% del capitale investito, ma con tempi più lunghi.
In pratica, chi avesse accettato avrebbe dovuto sottoscrivere una nuova assicurazione (quindi altre commissioni e spese a proprio carico) che annullava quella precedente. …..

Le indicazioni al cliente? Poche e lacunose

Tuttavia il problema non era tanto nella qualità della proposta, quanto nelle modalità, a dir poco lacunose, con cui doveva essere illustrata al cliente.
Nel documento si specificavano le indicazioni comportamentali che i manager avrebbero dovuto tenere, ovvero: «Non esprimere alcun parere sull’ordinanza emessa dal tribunale di Milano».

Il compito della banca? «Distrarre» il risparmiatore

Il nostro compito era «distrarre» il cliente, non farlo riflettere sulla possibilità di richiedere il risarcimento delle polizze precedenti ma, anzi, spingerlo a sottoscriverne una nuova che non aveva niente a che fare con Lehman Bro­thers.

RISERVATEZZA COI PIÙ OSTILI. Con i clienti più ostili, arrabbiati, poco concilianti, occor­reva invece stabilire degli incontri riservati, quasi carbonari, facendo terrorismo psicologico: caro cliente, nell’incertezza di un giudizio pendente, che non sappiamo come si con­cluderà, prenditi quello che ti stiamo offrendo perché alla fine potresti non ottenere nulla…».

Guardate anche il video qui sotto, illuminante:

Cosa aggiungere? Nulla, ognuno di voi è in grado di trarre le giuste conclusioni e già da oggi affidarsi a chi il risparmio lo sa gestire davvero.
A meno che non cerchiate speculazione. In questo caso è necessario mettere in conto le possibili (e probabili) perdite.

Polizze united link: occhio alle false assicurazioni

La sentenza ottenuta da Confconsumatori a Bologna lo conferma: «Non è una vera assicurazione se è subordinata all’andamento del titolo»

Polizze united link: occhio alle false assicurazioni

Bologna, 14 luglio 2015 – Non è una vera assicurazione se è subordinata all’andamento del titolo cui è collegata: altro colpo mortale inferto da Confconsumatori alle cosiddette polizze united linked. Un 70enne della provincia di Reggio Emilia ha ottenuto a Bologna la restituzione dei 54 mila euro sfumati nell’investimento in unit linked Ares. La sentenza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato: le polizze collegate sono assicurazioni solo quando garantiscono la restituzione del capitale.

Un risparmiatore residente a Sorbolo Levante (RE) nell’ottobre 2001 aveva investito i propri risparmi, circa 90 mila euro, in una polizza assicurativa, denominata unit linked Ares, collegata a un fondo comune d’investimento. Si trattava di un tipo di investimento che, nel corso degli anni, prevedeva il pagamento di rate mensili da circa 1000 €. Il Tribunale di Bologna ha condannato la compagnia assicuratrice alla restituzione del capitale versato nel tempo dedotto quanto ricevuto in seguito al recesso (48.973,38 €), ossia 40.899,79 € oltre a interessi e spese per oltre 54.000 euro.

Il fatto che una polizza vita sia garantita da bond, al cui andamento sia anche legata la rivalutazione del premio, comporta, secondo il Tribunale di Bologna, in ossequio alla Cassazione, la ricorrenza non di un contratto assicurativo né tantomeno di un’assicurazione sulla vita, ma di una vera e propria operazione finanziaria, analoga agli investimenti in azioni o obbligazioni. Di qui per il Tribunale la necessità di applicare le norme del TUF (d.lgs. n. 58/98), primo fra tutti l’art. 23 che impone la stipulazione per iscritto del contratto generale d’investimento, in mancanza del quale lo stesso e l’operazione devono essere dichiarati nulli.

Sorgente: Polizze united link: occhio alle false assicurazioni – CONFCONSUMATORI

Salvarsi dal prelievo forzoso sui depositi bancari

Prelievo forzoso. In caso di crisi nel credito, saranno colpiti anche i depositi inferiori ai 100mila euro. Verrebbe meno la clausola di salvaguardia finora sempre garantita ai risparmiatori.

prelievo forzoso

Salvarsi dal prelievo forzoso sui depositi bancari

Avevamo riportato ai primi di luglio di quest’anno, tratto dal giornale tedesco Die Welt, che il Fondo Monetario Internazionale prevedeva “che in futuro la riorganizzazione dei debiti sarà più rapida e applicata in maniera più radicale. A essere colpiti in primo luogo saranno i detentori di assicurazioni sulla vita e i fondi pensione. Il punto fondamentale è che sarà applicata una manovra più flessibile. Questo potrebbe sembrare una buona cosa, ma la conseguenza sarà che in futuro i creditori dovranno collaborare. In Europa questi creditori sono essenzialmente detentori di polizze di assicurazione sulla vita e altre forme di fondi pensione“. In sostanza si parlava di “prelievo forzoso” dai risparmiatori.

Sabato 15 novembre 2014, il quotidiano Il Giornale, pubblicava sulla versione online un articolo a firma Gian Maria De Francesco con il seguente titolo:

Il prelievo forzoso in banca non farà sconti a nessuno

In sintesi secondo il giornalista esiste un

“documento segreto” della Commissione Europea e della BCE che prevede l‘intervento diretto di azionisti, detentori di obbligazioni e correntisti in eventuali salvataggi bancari… (fonte http://www.ilgiornale.it)

In questo documento sarebbe contenuta una disposizione che elimina, in casi di grande rilevanza e gravità, la clausola di salvaguardia che tutela i correntisti con disponibilità fino a 100.000 Euro.

Sempre l’FMI nell’autunno 2013 sosteneva in una pubblicazione che

il prelievo forzoso una tantum del 10% dei conti correnti dei Paesi dell’Eurozona sarebbe uno strumento utile per riportare il debito sovrano ai livelli pre-crisi.

La scorsa estate il Wall Street Journal scriveva che

il governo di Berlino avrebbe approntato una norma che inserisce il prelievo forzoso dai depositi (con giacenze oltre i 100mila euro, però) come strumento principe per risolvere le crisi bancarie.

Senza scendere in dettagli tecnico / politici ci permettiamo di far notare quanto spesso l’argomento prelievo forzoso sia “sulla bocca” delle Istituzioni. Troppo per non far nascere qualche preoccupazione.

La soluzione è acquistare beni che garantiscano stabilità nel medio lungo periodo, possibilmente rivalutazione, ed anche facilità di liquidazione. Fabbricati (meno) e terreni sono buoni investimenti con due criticità principali: ci si pagano iposte di reddito e richiedono l’intera smobilizzazione, con le difficoltà del caso, se abbiamo necessità di “far cassa”.

Altri strumenti a salvaguardia del proprio patrimonio sono i diamanti e i metalli preziosi (in pezzature da 100/250 gr). In entrambe i casi abbiamo prodotti che si possono acquistare/vendere in piccoli lotti, praticamente come avere dei contanti in tasca.

Qualcuno ha detto: “non fare quello che ti dicono le banche, FAI QUELLO CHE FANNO LE BANCHE“. E le banche (come socie delle banche centrali) hanno le “riserve aurifere“.

Ad esempio, a casa nostra, la Banca D’Italia detiene un controvalore di circa centodieci miliardi di euro. Una somma enorme che, pur con qualche oscillazione, cresce tendenzialmente, anno dopo anno. Poco più di un decennio or sono, nel 1999 all’esordio dell’euro, l’ammontare era di 22 miliardi di euro; all’inizio dell’anno scorso erano 83 miliardi. Oggi si avvia a superare anche i 110 miliardi. …. Sono custodite nei sotterranei della Federal Reserve, a New York;  ulteriori piccole quote sono vincolate alla nostra partecipazione alla Banca dei Regolamenti Internazionali ed alla BCE,  la parte residua, cioè poco meno di due terzi, è conservata a Roma, nei sotterranei della Banca d’Italia. (fonte http://www.lafinanzasulweb.it 2013)

Questa è la soluzione: creare la propria riserva aurifera e noi lo proponiamo con una formula semplice ed innovativa, adatta a tutti. Per saperne di più clicca qui.

Salvaguardia Capitali
Salvaguardia Capitali

fonti:
Ma di chi sono le riserve auree della Banca d’Italia?
Il prelievo forzoso in banca non farà sconti a nessuno
Ipotesi prelievo forzoso sui conti correnti: ecco chi rischia di più

WhatsApp Ufficio
Invia con Whatsapp