Gestioni separate contro gestioni scellerate

Gestioni separate contro gestioni scellerate. Banche e conflitto di interessi. Carlo Colombo, consigliere UEA affronta il tema della “poca” trasaparenza degli istituti di credito.

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Gestioni separate contro gestioni scellerate

Gestioni separate (delle compagnie di assicurazioni) contro gestioni scellerate (delle banche). Carlo Colombo, Consigliere UEA con delega a Disintermediazione, bisogni del cliente e trasparenza dei contratti affronta in due articoli, di cui il seguente è il primo,  relativi al tema dello scandalo banche e visti dal punto di vista assicurativo, ed il secondo che sarà pubblicato prossimamente con titolo “Agenti presenti vs bancari danzanti”.

UEA sullo scandalo banche: Gestioni separate vs gestioni scellerate – di Carlo Colombo, Consigliere UEA con delega a Disintermediazione, bisogni del cliente e trasparenza dei contratti

In questi giorni di festa, in cui ha continuato ad imperversare la polemica legata agli scandali bancari, un fantasma è stato da più parti evocato, citato e mai approfondito, strumentalmente agitato, ma funzionalmente non approfondito: il famigerato “conflitto di interessi”.

Ebbene questo mostro a due (o più teste) ha molti padri – e di certo molti figli – sui quali occorre cominciare a fare un po’ di chiarezza. Ad esempio riconoscendo che le banche, quando collocano prodotti finanziari attraverso i loro dipendenti, hanno l’interesse ad attribuire ai loro clienti profili di rischio più elevati rispetto a quelli effettivi per poter avere un mercato più ampio e “mano libera” nel proporre prodotti più complessi (e solitamente più remunerativi per loro). Certo nei prospetti informativi – che oramai vengono dati su cd o fatti scaricare da internet perché le suddette informazioni abbisognano di centinaia e centinaia di pagine (che le banche dovrebbero illustrare accertandosi che i clienti abbiano ben inteso) – è evidenziata la scarsa probabilità che hanno gli stessi di dare performance positive rispetto al mercato di riferimento.

Ma questo le banche lo hanno evidenziato ai clienti?

D’altronde in un momento di tassi vicini allo zero, qualsiasi fondo monetario od obbligazionario con una commissione di gestione dell’1% è logico che dia un risultato negativo. Quindi, piuttosto che indirizzare i clienti verso prodotti più adeguati alle loro esigenze, e meno remunerativi per la banca, cosa fa frequentemente il mondo bancario? Alza forzatamente il profilo di rischio tollerabile dal cliente tramite la compilazione del “modello MIFID”, dal quale deve risultare per legge che il cliente abbia una conoscenza dei prodotti finanziari che si appresta ad acquistare, un orizzonte temporale ed una propensione al rischio maggiore di quella reale e quindi coerente per potergli vendere prodotti più rischiosi. La banca poi… incrocia le dita sperando che i mercati tirino! Altrimenti, com’è possibile che la conclamata bassa cultura finanziaria del cittadino medio italiano, non risulti dai profili di rischio dei questionari MIFID? Quando siamo diventati tutti esperti di finanza?

Soprattutto di questi tempi, un validissimo strumento dove trovare un porto sicuro per i propri risparmi è costituito dalle “gestioni separate” (ramo Vita) delle Compagnie assicurative, in quanto:

  • sono separate dal patrimonio della Compagnia: quindi non c’è confusione patrimoniale come in campo bancario dove, se il 20% dei clienti decidesse di ritirare i propri soldi contemporaneamente, le banche non sarebbero in grado di farvi fronte. Inoltre, nel caso la compagnia avesse dei problemi di bilancio, gli assicurati sarebbero comunque garantiti dalle attività presenti nella gestione separata e dalle riserve tecniche appostate per obbligo di legge;
  • sono fortemente vincolate dalle legge nelle percentuali e nella qualità dei titoli acquistabili dal gestore;
  • oltre alla diversificazione ed alla scelta di titoli affidabili, la Compagnia per legge pone a garanzia delle attività della gestione separata il proprio patrimonio, trovandosi quindi in perfetta comunione di interessi con il proprio cliente che viene ad essere ulteriormente tutelato in caso di dissesti del mercato o dai rischi demografici legati al continuo aumento della vita media ed al conseguente rischio del cittadino di vivere, in condizioni disagiate, oltre i propri risparmi.

Ma anche qui, gli operatori presenti sul mercato non sono tutti uguali: accanto alle Compagnie tradizionali, che vantano indici di solvibilità solitamente lusinghieri, facilmente rilevabili dai fascicoli informativi, troviamo altri operatori meno affidabili e meno patrimonializzati.

La differenza, ancora una volta, la fanno gli Agenti (che qualche società di consulenza/potentato poco avveduto vorrebbe, per avere la mano più libera, estromettere attraverso la digitalizzazione ed altri marchingegni) abituati, a differenza di quanto accade in banca o sul web, a metterci la faccia per decine di anni e ad indagare le reali esigenze degli assicurati, illustrando loro nel dettaglio tutte le specifiche del contratto e accertandosi dell’effettiva comprensione.

Sorgente: Voci dalla Rete Intermedia Channel

Difficile il cammino della riforma delle pensioni

Riforma delle Pensioni? Servono una macchina amministrativa migliore, la riduzione dei contenziosie la lotta ad evasione e frodi. La giustizia intergenerazionale produce dei contraccolpi ma le priorità devono essere equità e trasparenza

salvadanaio

Difficile il cammino della riforma delle pensioni

(di Alessandra Del Boca, Professore di Economia e Consigliere di Sorveglianza Ubi, e Antonietta Mundo, Attuario, ex Coordinatore generale statistico attuariale dell’Inps – Corriere della Sera)

La recente proposta Inps ha avuto il merito di far emergere come sia azzardato agire sulle pensioni in essere, sia attraverso la differenza tra retributivo e contributivo sia attraverso la differenza tra età effettiva e legale di pensionamento. L’Istituto vorrebbe usare le prestazioni che non ci saremmo veramente guadagnati per finanziare la lotta alla povertà degli ultra cinquantacinquenni disoccupati e una più ampia flessibilità in uscita dal lavoro. A questo fine Inps penalizza in media del 3% l’anno chi anticipa la pensione prima dell’età legale che dal 2016 è di 67 anni e 7 mesi: un lavoratore che va in pensione a 63 anni e 7 mesi subisce tagli del 9%. La proposta ricalcola anche la parte retributiva delle pensioni in essere sopra 2.400 euro netti mensili, se l’età di pensionamento è inferiore all’età ricalcolata dall’Inps (che ieri, nella sede ritrovata di piazza Colonna in Roma, ha ospitato un confronto sull’argomento, con la presentazione del rapporto annuale sulle pensioni Ocse).

Il padre di una di noi due oggi 90enne, andato in pensione nel 1981 a 57 anni vedrebbe la sua pensione tagliata del 21,5%. Se fosse andato in pensione nel 1989, a 64 anni, l’età ricalcolata dall’Inps, non ne subirebbe alcuna. Nel 1981 non sapeva che nel 2015 a 90 anni qualcuno avrebbe proposto di decurtargli la pensione e avrebbe fatto altre scelte. La previdenza deve garantire, nel momento di maggiore fragilità, la sicurezza per il futuro. Ciascun sistema di calcolo ha già insite penalizzazioni. Il retributivo dopo il 1992 è penalizzato con il calcolo decennale delle retribuzioni medie pensionabili, le aliquote di rendimento annuo scendono gradualmente per redditi superiori a 46.169 euro dal 2% allo 0,9% e per anzianità oltre i 40 si azzerano. Nel contributivo, l’età di pensionamento è una variabile importante per modulare l’entità di una pensione ma non l’unica. Influenzano la prestazione anche: l’evoluzione della retribuzione, l’aliquota, il rendimento del montante e l’andamento dell’economia, il massimale di retribuzione imponibile e l’evoluzione dell’aspettativa di vita. È impossibile essere corretti nel fare giustizia intergenerazionale.

Una riforma previdenziale deve essere decisa dal Parlamento: un istituto amministrativo non può porre a carico dei propri pensionati azioni per combattere povertà e disoccupazione: non gli compete. Secondo lo Statuto del 1935, l’Inps ha il compito di redigere i bilanci, organizzare e amministrare la struttura e le risorse affidate da imprese e lavoratori per pagare le pensioni. Articolati di legge con «importi soglia» difficilmente individuabili, perché variabili nel tempo a seconda delle composizioni familiari, generano insicurezza e contrastano con il clima di fiducia che il governo sta cercando di ricostruire. Chi ha una pensione di 2400-3500 euro netti deve poter decidere se cambiare la lavatrice o l’auto: questa tassa costerebbe di più in rinuncia ai consumi del poco risparmio previdenziale. La proposta Inps attinge risorse anche da trattamenti bassi con erogazioni assistenziali per gli over 65 disagiati come maggiorazioni sociali, 14ma, importo aggiuntivo o integrazioni al minimo di pensionati migrati in altri Paesi. Infatti prevede decurtazioni graduali fino all’azzeramento dell’integrazione assistenziale tra le soglie dei 32.000 e 37.000 euro lordi di reddito familiare equivalente. Si cambiano le «unità di misura» reddituali ben individuabili e conosciute per la verifica dei mezzi, sostituendole con concetti di «potenziale economico della famiglia», in base alla Scala Ocse modificata, usata per confronti sulla povertà tra Paesi e per interventi assistenziali Isee. Il sistema diventa più complesso e sposta l’asse di riferimento reddituale da parametri previdenziali ad assistenziali. I risparmi sarebbero stimati sui potenziali di reddito familiare di oggi, senza considerare che per difendersi i coniugi si possono anche separare, riducendo i risparmi attesi. In qualsiasi ordinamento civile decurtare le pensioni si può solo in due casi: bancarotta o rivoluzione, dice Pietro Ichino. In congiunture drammatiche come la manovra Monti-Fornero, l’operazione giustizia tra generazioni si è limitata a deindicizzare le pensioni medio-alte, alzando l’età piuttosto che tagliare le pensioni.

Battaglie per creare equità all’Inps ce ne sarebbero: una macchina amministrativa migliore per gli utenti, lotta contro evasione e frode, procedure più semplici, gestione del personale che riduca il contenzioso tra dipendenti, ex dipendenti e Inps. Vuole l’Inps fare un’operazione di trasparenza? Pubblichi i dati economici sui contributi versati senza dare luogo a prestazione, pagati da milioni di «silenti»: lavoratori deceduti senza diritto a pensione o senza superstiti, stranieri rimpatriati con bassa contribuzione, disoccupati di lunga durata e donne che perdono il lavoro senza avere il diritto alla pensione, o prestazioni non riscosse. L’Inps non è un’assicurazione privata che applica aliquote di equilibrio, ma grazie ai trasferimenti dello Stato gestisce un’assicurazione sociale con aliquota contributiva sociale.

Le soluzioni previdenziali e di risparmio legate alle assicurazioni sono tra le più sicure, perché i risparmi vengono gestiti in una GESTIONE SEPARATA, e quindi estranea alla vita economica della compagnia di assicurazioni,  e perché sottoposte a vigilanza dell’organo di sorveglianza. Offrono, inoltre, alcune tutele giuridiche che nessun altro servizio offre: impignorabilità ed insequestrabilità del contratto e capitale fuori dall’asse ereditario  (art. 1920 – 3° comma del codice civile) fatti salvi i casi di “distrazione” dei capitali.

Contattaci per saperne di più! Vogliamo aiutarti a RISPARMIARE!!!

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