Infiltrazioni: condominio responsabile

La Cassazione dice che va verificato se il condominio sia tenuto alla manutenzione degli impianti di scolo.

Condominio

Infiltrazioni: condominio responsabile

di Lucia Izzo – Il condominio può essere ritenuto responsabile per le infiltrazioni avvenute in locali sottostanti, di altrui proprietà, nonostante non sia proprietario del lastrico solare, ma per il fatto che tombini, caditoie e canalette di scolo intasate siano riferibili all’ente di gestione.

La Corte di Cassazione, sezione seconda civile, con la sentenza n. 21694/2015 (qui sotto allegata) ha ritenuto di accogliere il ricorso della società proprietaria di un “distacco” (ossia un passaggio) di circa tre metri tra la facciata del fabbricato ed il muro di contenimento a ridosso di una collina, al fine di accertare la responsabilità del Condominio per omessa custodia e manutenzione degli scarichi da cui era dipesa un’infiltrazione d’acqua in alcuni magazzini posti al di sotto di tale “distacco”.

Fonte: Infiltrazioni: condominio responsabile dei danni se il lastrico è privato ma i tombini sono di sua proprietà
(www.StudioCataldi.it)

Danni da spargimento di acqua

L’inquilino del piano di sopra ha danneggiato il tuo appartamento a causa di uno spargimento di acqua?

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Danni da spargimento di acqua

L’inquilino del piano di sopra ha danneggiato il tuo appartamento a causa di uno spargimento di acqua? La Cassazione, con sentenza 12920/15 del 23.06.2015, ha stabilito che il risarcimento non può limitarsi ad un intervento sulla zona danneggiata, ma riguarda tutte le altre zone che è stato necessario ripristinare per esigenze di uniformità.

Dunque, il proprietario di un immobile che chieda il risarcimento dei danni subiti in conseguenza alle infiltrazioni provenienti dall’appartamento sovrastante ha diritto al rimborso dell’intera somma necessaria per la totale ristrutturazione, quando sono state danneggiate alcune parti dell’immobile che, per esigenza di uniformità, richiedono un intervento ripristinatorio più ampio rispetto ai singoli punti danneggiati.”

La sentenza

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 21 aprile – 23 giugno 2015, n. 12920

Presidente Segreto – Relatore Rubino

I fatti

I coniugi G.S. e B.C. , avvocati, proponevano appello dinanzi alla Corte d’Appello di Catania avverso la sentenza del Tribunale di Catania che li aveva condannati al risarcimento del danno da infiltrazione di acqua provocato all’appartamento sottostante degli attori M.R. e M. nella misura di Euro 1900, 00 circa oltre interessi sulla somma devalutata al 2001 e aveva rigettato là loro domanda riconvenzionale volta al ripristino da parte dei M. di una parete della facciata esterna.

La corte d’appello confermava la sentenza di primo grado, ritenendo che i danni nell’appartamento M. fossero derivanti causalmente dalle perdite idrauliche dall’appartamento dei G. / B. . Quanto alla pretesa eliminazione della parete esterna da parte dei M. , la corte territoriale riteneva trattarsi di creazione di una nuova finestra, legittima a norma dell’art. 1122 c.c..

Propongono ricorso per cassazione G.S. e B.C. , articolato in quattro motivi.

M.R. e M. , regolarmente intimati, non hanno svolto attività difensiva.

Le ragioni della decisione

Con il primo motivo i coniugi G. e B. deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2697 c.c., 1 comma in relazione all’art. 360, primo comma n. 3 c.p.c., lamentando che i controricorrenti, originari attori, nessuna prova abbiano fornito nel giudizio di merito in ordine alla causa dei danni lamentati ed al nesso di causalità esistente tra i danni e la condotta di essi ricorrenti limitandosi a chiedere una consulenza tecnica d’ufficio che non è un mezzo di prova né può sostituirsi ad essa.

Con il secondo motivo di ricorso, i ricorrenti deducono l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione circa fatti decisivi della controversia in relazione all’art. 360, primo comma n. 5 c.p.c. nonché la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c..

Lamentano la contraddittorietà e lacunosità della motivazione della sentenza di appello che da un lato ha ritenuto di non discostarsi dagli esiti cui era pervenuto il giudice di primo grado, e dall’altro lo ha fatto recependo e riportando le indicazioni fornite dalla consulenza redatta in appello, discordanti con quelle della consulenza di primo grado, in quanto solo in appello è emerso, come affermato dai coniugi G. e B. fin dall’inizio, che vi fosse una lesione nella colonna portante condominiale e che lo scarico dei G. / B. non era stato sostituito.

I due motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi e vanno rigettati. In ordine al primo deve dirsi che, avendo i M. , proprietari dell’appartamento sottostante, denunciato e documentato la presenza di infiltrazioni sul soffitto di alcune stanze del loro appartamento, sottostante a quello degli odierni ricorrenti, addebitandone la responsabilità ai proprietari dell’appartamento di sopra, legittimamente è stata disposta una consulenza tecnica percipiente che analizzasse e quantificasse i danni interni ed individuasse se effettivamente le infiltrazioni provenissero dall’appartamento sovrastante.

I rilievi relativi al vizio di motivazione si riducono in realtà ad una contrapposizione tra la ricostruzione dei fatti cui è pervenuta la corte d’appello e la ricostruzione cui i ricorrenti tendono a pervenire, nel tentativo di indurre questa corte ad una nuova valutazione delle risultanze di fatto, che esula dalla sua competenza.

Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 2055 c.c. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., in quanto larga parte dei danni effettivamente subiti dai M. sarebbero dovuti a responsabilità del condominio, perché provenienti dalla umidità a carico del muro perimetrale. Lamentano che la corte d’appello non abbia tenuto conto di ciò, condannando essi ricorrenti a risarcire ai M. l’intero danno subito pur in mancanza di alcun vincolo di interdipendenza tra la condotta dei ricorrenti e quella del condominio.

La corte d’appello, valorizzando gli approfondimenti fatti in secondo grado dal consulente tecnico delle indagini già eseguite in primo grado, ha accertato che i danni a carico della lavanderia, del bagno e di due pareti del salone dei M. derivano da infiltrazioni provenienti dal sovrastante appartamento dei G. — B. . Ha poi confermato la condanna degli odierni ricorrenti all’integrale risarcimento del danno. Nel far ciò la corte territoriale ha recepito in pieno la quantificazione del danno effettuata in primo grado, ove il Tribunale aveva dettagliatamente chiarito che, per eliminare completamente i danni a carico di alcune pareti del salone era necessario rimuovere tutta la vecchia carta da parati ed applicarne una nuova di qualità similare, nonché ritinteggiare il soffitto (ed aveva anche ridotto in via equitativa l’importo necessario per l’intervento sull’intero salone in considerazione dell’accertata vetustà della carta da parati stessa).

La corte d’appello ha fondato tale soluzione sul principio di solidarietà, affermando la sussistenza dell’unicità del fatto dannoso (infiltrazioni a carico dell’appartamento M. ), salvo il diritto di rivalsa.

La soluzione adottata, che prevede la condanna dei ricorrenti a risarcire l’intero danno patito dai M. , è corretta. Essa va pertanto tenuta ferma, intervenendo però a correggere la motivazione.

Il principio di solidarietà passiva a carico dei danneggianti, ex art. 2055 c.c., si applica infatti quando vi è l’unicità del fatto dannoso, ovvero quando le condotte attive o omissive di più soggetti concorrono, ciascuna con un suo apporto causale, a provocare un unico danno. Più volte questa Corte ha affermato una tale interpretazione del principio di solidarietà passiva, anche all’interno del rapporti condominiali. Vale a tale proposito richiamare il principio di diritto espresso da Cass. n. 6665 del 2009: “Il condominio, sebbene privo di soggettività giuridica, è un autonomo centro di imputatone di interessi che non si identifica con i singoli condomini. Da ciò consegue che in tema di responsabilità extracontrattuale, se il danno subito da un condomino sia causalmente imputabile al concorso del condominio e di un terzo, al condomino che abbia agito chiedendo l’integrale risarcimento dei danni solo nei confronti del terzo, il risarcimento non può essere diminuito in ragione del concorrente apporto casuale colposo imputabile al condominio, applicandosi in tal caso non l’art. 1227, primo comma, cod. civ., ma l’art. 2055, primo comma, cod. civ., che prevede la responsabilità solidale degli autori del danno“.

Nel caso di specie è stato accertato che oltre ai danni recati dalle infiltrazioni provenienti dall’appartamento dei ricorrenti e diffuse in varie stanze dell’appartamento posto al piano di sotto e su diverse pareti del salone, che è l’ambiente più ampio, esiste un’altra macchia di umidità, su una delle pareti del salone, che non proviene dall’appartamento dei ricorrenti (e che non è stato neppure accertato quando si sia verificata né è chiaramente detto da chi sia stata provocata) e la cui esistenza non è, come rilevato dai ricorrenti, legata da alcun nesso di interdipendenza con le infiltrazioni provocate dai ricorrenti.

Quindi, l’obbligazione dei ricorrenti di risarcire l’intero danno subito dai M. non si fonda in questo caso sull’applicazione del principio di solidarietà che non sarebbe in questo caso giustificata, mancando l’unicità del fatto dannoso, ovvero l’interdipendenza tra le concause.

Essa si fonda, piuttosto, sul diritto dei danneggiati ad ottenere il ristoro integrale del danno subito. Poiché il danno consiste in macchie diffuse sulle pareti e sul soffitto di alcuni ambienti, il ristoro integrale, nel caso di specie, deve necessariamente consistere in un intervento ripristinatorio che abbia per oggetto tutte le stanze oggetto di infiltrazioni e per l’intero, non potendo essere idoneo ad eliminare integralmente il danno da infiltrazioni un intervento che non preveda l’integrale rifacimento delle finiture di rivestimento di tutte le pareti e dei soffitti degli ambienti danneggiati, ma tocchi solo alcune delle pareti delle stanze danneggiate.

Soltanto nel caso in cui esistesse una situazione di degrado a carico della parete che non risente delle infiltrazioni provenienti dall’appartamento G. – B. tale da rendere necessario un intervento di ripristino diverso e più oneroso di quello necessario ad eliminare i danni provocati dai G. – B. (es. rifacimento integrale dell’intonaco, consolidamento della parete) – ma tanto non è stato neppure ipotizzato dai ricorrenti – esso non potrebbe essere posto a carico della parte danneggiarne che non vi ha dato causa perché andrebbe al di là del ripristino da essa dovuto.

Può quindi affermarsi che il proprietario di un immobile, il quale domandi il risarcimento dei danni ad esso cagionati in conseguenza delle infiltrazioni provenienti da un appartamento sovrastante, essendo state danneggiate talune parti che, per esigenze di uniformità, richiedano un più esteso intervento ripristinatorio delle condizioni di normale abitabilità del bene rispetto ai singoli punti danneggiati, ha diritto di conseguire il rimborso dell’intera somma occorrente per tale lavoro, trattandosi di esborso necessario per la totale eliminazione delle conseguenze pregiudizievoli dell’illecito, che non può essere addossato al danneggiato stesso (v. per l’espressione di analogo principio, in relazione a danni provocati da lavori di ristrutturazione a carico di un appartamento sottostante, Cass. n. 259 del 2013).

Infine, con il quarto motivo di ricorso, i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 1122 c.c. ex art. 360 n. 3 sostenendo che la corte d’appello avrebbe eluso la questione, da loro posta nella domanda riconvenzionale, se l’apertura di un varco privo di infisso – e non di una finestra – nel muro esterno si ponga o meno in contrasto con la funzione di delimitazione che svolgono i muri perimetrali.

Il motivo è inammissibile così come proposto.

Infatti, la corte d’appello, con accertamento in fatto non in questa sede censurato sotto l’unico possibile profilo della adeguatezza della motivazione, ha affermato che i M. hanno aperto si aperto un varco su una parete esterna, ma per collocarvi una finestra quindi non si può ulteriormente discutere in questa sede del fatto che in realtà si trattasse dell’apertura di un varco rimasto aperto.

La diversa censura dei ricorrenti doveva essere veicolata o a norma dell’art. 360 n. 5, quale vizio motivazionale, ovvero, se ne fossero ricorsi gli estremi, a norma dell’art. 395 n. 4 c.p.c..

Il ricorso va complessivamente rigettato.

Nulla sulle spese, in difetto di costituzione degli intimati.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Fonte: http://www.laleggepertutti.it/91189_infiltrazioni-in-appartamento-risarcimento-per-la-pittura-di-tutta-la-stanza#sthash.9Xi2WLn6.dpuf

Condomino moroso? Il fornitore del servizio è legittimato a ridurre al minimo il servizio anche se danneggia chi paga

Se l’amministratore non paga l’acqua per via di un condomino moroso, anche quelli in regola rimangono a secco. Il tribunale dice no al ricorso ex art. 700 dei proprietari in regola con i pagamenti perché l’utenza è intestata al condominio

Condomino moroso? Il fornitore del servizio è legittimato a ridurre al minimo il servizio anche se danneggia chi paga

Se l’amministratore non paga per intero la bolletta perché un condomino è moroso, il fornitore del servizio è legittimato a ridurre al minimo il servizio, anche se ciò danneggia gli utenti che pagano. Nessuna voce in capitolo hanno, infatti, i proprietari in regola con i pagamenti se l’utenza è intestata al condominio. A stabilirlo è una recente pronuncia (17 luglio) della prima sezione civile del Tribunale di Alessandria (relatore Enrica Bertolotto), che ha accolto il reclamo della società erogatrice del servizio idrico in un condominio, in contrasto con quanto stabilito dal giudice delle prime cure che aveva ritenuto sussistere il periculum in mora per il ricorso ex art. 700 presentato da alcuni condomini che proclamavano il loro diritto all’erogazione piena del servizio, lamentando gli effetti che il razionamento dell’acqua avrebbe comportato nel loro quotidiano.

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Sicurezza: aumento record dei furti in abitazione

Svaligiata una casa ogni due minuti. Asti, Pavia e Torino le province più colpite. Fenomeno in forte crescita a Milano (+229% tra il 2004 e il 2013), Firenze (+177%), Roma (+120%) e Bologna (+104%)

COMUNICATO STAMPA CENSIS

furto in hotel

Sicurezza: aumento record dei furti in abitazione

Sono 689 al giorno, cioè 29 ogni ora: uno ogni due minuti. È questo il bilancio allarmante del numero di furti in abitazione commessi nell’ultimo anno. Questa tipologia di reato ha registrato un aumento record. Negli ultimi dieci anni i furti in casa sono più che raddoppiati, passando dai 110.887 denunciati nel 2004 ai 251.422 del 2013, con una crescita del 126,7%. Solo nell’ultimo anno l’incremento è stato del 5,9%. È un aumento molto più accentuato rispetto all’andamento del numero totale dei reati (+19,6% nel periodo 2004-2013) e dei furti nel complesso (+6%), e in controtendenza rispetto all’andamento dei furti di autoveicoli (-32,2%) e degli omicidi (-29,7%).

La zona d’Italia più colpita è il Nord-Ovest, dove nell’ultimo anno i furti in abitazione sono stati 92.100, aumentati del 151% nel decennio. Oltre il 20% dei furti denunciati è avvenuto in tre province: Milano (19.214 reati), Torino (16.207) e Roma (15.779).

Considerando il numero di reati rispetto alla popolazione residente, in cima alla graduatoria delle province italiane più bersagliate si trovano Asti (9,2 furti in abitazione ogni mille abitanti), Pavia (7,1 ogni mille), Torino (7,1 ogni mille) e Ravenna (7,0 ogni mille). E le province in cui i furti in casa sono aumentati di più nell’ultimo decennio sono Forlì-Cesena (al primo posto, +312,9%), Mantova (+251,3%), Udine (+250,0%), Terni (+243,7%) e Bergamo (+234,3%). Tra le grandi città, gli aumenti maggiori si registrano a Milano (+229,2% nel periodo 2004-2013), Firenze (+177,3%), Torino (+172,6%), Padova (+143,3%), Palermo (+128,4%), Venezia (+120,9%), Roma (+120,6%), Bologna (+104,5%) e Verona (+103,4%).

Cresce anche l’attenzione delle forze dell’ordine nei confronti di questo reato. Nel 2013 sono state denunciate a piede libero per furti in abitazione 15.263 persone (+139,6% rispetto al 2004), di cui 1.366 minori (il 9% del totale). E sono state arrestate 6.628 persone, di cui 486 minori (il 7,3% del totale). I detenuti per furto in abitazione e furto con strappo sono 3.530 nel 2014, con una crescita del 131,9% rispetto al 2007.

I ladri scelgono sempre di più le abitazioni private perché oggi negozi, banche, uffici postali e strade commerciali sono maggiormente dotati di sistemi di sicurezza, come le telecamere, in grado di scoraggiare chi vuole commettere il reato o di individuarne il responsabile. E anche perché si è certi di trovare nelle case un bottino da portare via, soprattutto in una stagione di crisi e di forte incertezza riguardo al futuro, in cui gli italiani hanno ridotto i consumi e hanno preferito tenere i propri risparmi «sotto il materasso».

I dati testimoniano una presenza consistente di stranieri sulla scena del crimine. Nell’ultimo anno tra i denunciati a piede libero gli stranieri sono il 54,2% (8.627 persone), tra gli arrestati il 62% (4.112: +31,4% solo nell’ultimo anno), tra i detenuti il 42,3% (1.493).

Si svaligia sempre e comunque: di notte e di giorno, da soli o organizzati in bande, spesso sfidando gli ignari inquilini mentre si trovano in casa. Parallelamente all’aumento dei furti, infatti, a disturbare i sonni tranquilli degli italiani è la crescita di un altro reato ancora più allarmante: le rapine in abitazione, con violenza o minaccia ai proprietari. Nel 2013 sono state 3.619, con una crescita vertiginosa nel decennio (+195,4%) e un incremento del 3,7% solo nell’ultimo anno.

A differenza dei furti in abitazione, le rapine sono commesse principalmente al Sud (1.380 nel 2013, pari al 38,1% del totale). Nella graduatoria provinciale in base all’incidenza di questo reato rispetto alla popolazione residente, al primo posto si trova Trapani (14,4 rapine in abitazione ogni 100.000 abitanti), seguito da Asti (14,1 ogni 100.000) e Palermo (13,8 ogni 100.000).

E l’aumento dei reati che turbano la quiete domestica porta a un aumento delle preoccupazioni della gente comune. Le famiglie che percepiscono il rischio di criminalità nella zona in cui vivono sono passate dal 27,1% del totale nel 2010 al 30% nel 2014.

In effetti, siamo al 6° posto in Europa per numero di furti e rapine in abitazione: 4 ogni mille abitanti rispetto alla media europea di 2,9 (i dati di comparazione internazionale sono riferiti all’anno 2012). Più insicuri dell’Italia sono solo Grecia (7,9 reati ogni mille abitanti), Danimarca (7,8), Belgio (7,2), Paesi Bassi (6,7) e Irlanda (6,1). Ultimi in classifica (cioè i Paesi più sicuri) sono Romania (0,8) e Slovacchia (0,3).

Questi sono i risultati dell’11° numero del «Diario della transizione» del Censis, che ha l’obiettivo di cogliere e descrivere i principali temi in agenda in una difficile fase di passaggio attraverso una serie di note di approfondimento diffuse nel 2014 e nel 2015. I numeri precedenti sono stati: «L’austerity ha stancato gli italiani: sobri sì, asceti no» (28 aprile 2014), «Crescono le diseguaglianze sociali: il vero male che corrode l’Italia» (3 maggio 2014), «I disabili, i più diseguali nella crescita delle diseguaglianze sociali» (17 maggio 2014), «Acqua: tariffe più basse d’Europa e record di acqua minerale, acquedotti colabrodo e depuratori carenti» (24 maggio 2014), «Scuola: intonaci che crollano, rubinetti che perdono e vetri rotti» (31 maggio 2014), «Cattiva reputazione per l’Italia: -58% di investimenti esteri dall’inizio della crisi» (7 giugno 2014), «Lo spread digitale costa all’Italia 10 milioni di euro al giorno di minori investimenti in reti, tecnologie e servizi innovativi» (5 luglio 2014), «Decollo della scuola digitale? La bolletta per internet veloce è di 7,9 euro al mese per studente» (13 settembre 2014), «L’azienda più liquida d’Italia? Gli italiani» (20 settembre 2014), «Il ritorno del ceto medio sull’onda della sobrietà» (7 febbraio 2015).

Fondamentale oggi più che mai stipulare una polizza abitazione.

Le esigenze condominiali prevalgono sul diritto all’uso del nuovo inquilino

Corte di cassazione – Sezione II civile – Sentenza 8 gennaio 2015 n. 40

giudice

Le esigenze condominiali prevalgono sul diritto all’uso del nuovo inquilino

L’acquisto di un appartamento e la concessione in uso della mansarda al piano superiore non consentono al nuovo inquilino di apportare delle modifiche strutturali al vano scala per accedere più facilmente al piano sovrastante ove sia lo spazio oggetto del diritto reale di godimento. Lo chiarisce la Cassazione con la sentenza n. 40/2015.

fonte diritto24

Condominio – danni da spargimento di acqua

Cassazione III civile del 12 dicembre 2012 – 13 febbraio 2013, n. 3553 – sui danni da spargimento in condominio

danno-condominiale

Condominio – danni da spargimento

fonte www.ricercagiuridica.com

(Presidente Uccella – Relatore Cirillo)

Svolgimento del processo

1. S.M., nella qualità di proprietario di un appartamento sito in uno stabile condominiale in Comune di (omissis), citava a giudizio, davanti al Tribunale di Lecce, C.M.R., chiedendo che fosse condannata a risarcirgli i danni cagionati all’appartamento di sua proprietà dalle infiltrazioni di umidità derivanti dal cattivo funzionamento dell’impianto fognante del sovrastante appartamento, di proprietà della convenuta; precisava che tali danni ammontavano a lire 8.098.000.

La convenuta, nel costituirsi in giudizio contestando la pretesa dell’attore, chiedeva di poter chiamare in causa la società Reale mutua assicurazione, per essere da questa garantita in caso di condanna.

Il contraddittorio veniva esteso alla società di assicurazione, all’amministratore del condominio all’epoca dei fatti ed all’amministratore in carica.

Acquisiti documenti e la consulenza svolta in sede di accertamento tecnico preventivo, il Tribunale condannava la compagnia assicuratrice a pagare al M. la somma di Euro 3.736,50, oltre rivalutazione e interessi e con il carico delle spese di lite.

2. Contro la sentenza di primo grado proponevano appello principale la società assicuratrice e appello incidentale il M.

La Corte drappello di Lecce, con sentenza del 7 febbraio 2007, così provvedeva: accoglieva l’appello principale, rigettando la domanda di manleva proposta dalla M.R. contro la Reale mutua assicurazioni; accoglieva l’appello incidentale condizionato proposto dal M. contro la M.R., che condannava a pagare al primo la somma di Euro 3.736,50, oltre interessi e rivalutazione; condannava il M., la M.R. ed il condominio alla restituzione, in favore della società assicuratrice, di quanto dalla stessa versato in esecuzione della sentenza di primo grado; condannava, infine, la M.R. al rimborso delle spese del doppio grado in favore del M., dichiarando le stesse interamente compensate tra le altre parti.

Osservava la Corte territoriale, per quanto ancora rileva in questa sede, che il Tribunale aveva errato nel ritenere che i danni in questione rientrassero nella copertura assicurativa fornita dalla Reale mutua assicurazioni, perché nella specie essi erano estranei alla garanzia, sicché doveva essere chiamata a risponderne la sola M.R.

La polizza stipulata dal condominio, infatti, copriva, oltre ai danni di cui deve rispondere il medesimo, anche la responsabilità di ciascun condomino verso gli altri condomini; ma in questo caso restavano esclusi dalla garanzia i danneggiamenti conseguenti al verificarsi di un sinistro rientrante nei rischi di cui all’art. 7 della polizza; e l’art. 7 prevedeva “i danni diretti e materiali provocati da acqua condotta a seguito di guasto o rottura accidentale degli impianti idrici, igienici o di riscaldamento installati nei fabbricati descritti nel contratto”.

Tale previsione veniva interpretata dalla Corte leccese nel senso che la garanzia poteva ritenersi operante in riferimento ai danni derivanti dalla rottura accidentale della tubazione condominiale, ma non anche per rottura accidentale degli impianti dei singoli condomini. E poiché, nella specie, la relazione tecnica aveva accertato che i danni patiti dal M. erano derivati dalla rottura delle tubazioni di proprietà della M.R., era solo quest’ultima che doveva essere chiamata a risponderne.

La Corte, quindi, poneva l’obbligo risarcitorio a carico della sola M.R.

3. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce propone ricorso C.M.R., con atto affidato ad un motivo.

Resiste S.M. con controricorso.

Motivi della decisione

1. Col l’unico motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., sul rilievo che la Corte di merito avrebbe errato nel ritenere che il fatto dannoso oggetto di causa sia escluso dalla garanzia assicurativa.

Osserva, al riguardo, la M.R. che la lettura del contratto di assicurazione compiuta dalla Corte leccese sarebbe incompleta, essendosi quel giudice limitato a considerare il solo art. 3 delle Condizioni generali di assicurazione. Una lettura globale, invece, avrebbe consentito di verificare, alla luce dell’art. 2, comma 4, del contratto, che la polizza non comprendeva, fra l’altro, i danni derivanti da infiltrazioni, spargimenti e rigurgiti di fogna, a meno che gli stessi non fossero conseguenti a guasti accidentali. Ciò evidenzia il contrasto fra l’interpretazione esclusiva della Corte d’appello e il carattere accidentale del guasto.

2. Il ricorso non è fondato.

La Corte d’appello leccese, con motivazione logica e supportata da puntuale attività di interpretazione delle singole clausole del contratto di assicurazione in questione, è pervenuta alla conclusione che la garanzia ivi prevista non fosse operativa in relazione ai guasti riconducibili ai tratti dell’impianto idrico di proprietà dei singoli condomini.

Si tratta, all’evidenza, di un’interpretazione del tutto ragionevole, oltre che rispondente alle regole generali in tema di funzionamento del condominio. A sostegno di questa ricostruzione – che costituisce attività tipica del giudice di merito, insindacabile in sede di giudizio di legittimità ove correttamente motivata – la Corte territoriale ha provveduto anche a riportare stralci del testo del contratto di assicurazione.

Il ricorso in questione – che si colloca, fra l’altro, nel periodo di vigenza dell’art. 366 bis cod. proc. civ. – oltre ad essere concluso da un quesito di diritto che è ai limiti dell’inammissibilità, in quanto contiene una sollecitazione della Corte a fornire una propria interpretazione del citato contratto, si risolve in un improprio tentativo di ottenere dal giudice di legittimità un nuovo esame del materiale probatorio esistente, pretendendo di fornire una personale e più gradita interpretazione dei contestato contratto.

Si tratta, all’evidenza, di una pretesa che non può trovare sbocco in questa sede.

3. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

In ossequio al principio della soccombenza, la ricorrente va condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate, come da dispositivo, in conformità ai soli parametri introdotti dal decreto ministeriale 20 luglio 2012, n. 140, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.400, di cui 1.200 per compensi, oltre accessori di legge.

 

Liti condominiali, la soluzione

Le liti condominiali rappresentano il 10% delle cause civili in Italia. Ne sono coinvolti 500.000 Italiani

Condominio

Liti condominiali, la soluzione

Numeri da far rabbrividire, circa il 10% delle cause civili sono generate da liti condominiali e contrasti tra vicini; tradotto in numeri significa parlare di 500.000 italiani coinvolti. Considerando anche i procedimenti per sfratto, le cause legate alla casa salgono sul podio attestandosi al terzo posto per numero di cittadini coinvolti con il 16,2%, precedute solo da quelle di lavoro e famiglia.
Da un punto di vista territoriale nelle regioni settentrionali la litigiosità è maggiore, al sud e nelle isole in genere si litiga meno, ma una percentuale maggiore di persone ha avuto cause con i vicini.

Questi dati, ufficiali, ci dicono che probabilmente la litigiosità è molto più elevata e che tra i motivi di rinuncia a far valere i propri diritti troviamo principalmente costi e lentezza della giustizia civile.

Chiaramente non è possibile ovviare alla lentezza, mentre esiste la soluzione ai costi: la polizza di TUTELA LEGALE.

L’assicurazione di Tutela Legale comprende le coperture dirette a difendere gli interessi di una persona, o anche di una impresa, di fronte a svariati eventi della vita personale e professionale. L’oggetto delle garanzie è rappresentato sia dal tradizionale elemento risarcitorio, che contraddistingue tutti i contratti di assicurazione e che nella fattispecie è dato dal rimborso delle spese legali e processuali, sia, soprattutto, dal servizio di assistenza e consulenza legale prestato dal alcune Compagnie, direttamente o per mezzo di un network di legali fiduciari. L’Assicurazione di Tutela Legale permette di affrontare una controversia legale o un processo con la tranquillità di essere sempre e comunque difesi.

Nella fattispecie delle controversie legate alla vita privata, il pacchetto base di norma assicura a ogni cliente la difesa di tutto il nucleo familiare nella propria vita privata e di relazione, la tutela in ambito fiscale e in materia di atti di volontaria giurisdizione, oltre a coprire tutte le vertenze relative all’abitazione di residenza, in sede penale, civile e amministrativa. Aumentanto l’estensione della copertura è possibile inserire le controversie legate alla circolazione, proprietà ed utilizzo di veicoli a motore.

Fonte dei dati: ilsole24ore

Contratto di assicurazione: risarcimento danni per ritardi dell’amministratore di condominio

da http://www.diritto24.ilsole24ore.com

sentenza

Tribunale di Bologna, Sentenza n. 21178/2014 (depositata 25 settembre 2014)

La sentenza del Tribunale di Bologna, n. 21178/2014 (depositata 25 settembre 2014) consente di approfondire diverse tematiche relative allo studio dell’interpretazione del contratto di assicurazione nella fase processuale, con particolare riferimento alla richiesta di risarcimento danni per perdite cagionate non involontariamente.
Il fatto
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. , G.V. conveniva in giudizio la società Assicuratrice X S.p.A., per l’esecuzione del contratto di assicurazione per la responsabilità professionale. Senonchè la convenuta non era la Compagnia di Assicurazione della ricorrente, avendo questa in data 6.12.2006 ceduto mediante contratto di cessione di Ramo d’Azienda, il portafoglio assicurativo della responsabilità civile all’Assicurazione Y S.p.A., compresa quindi la polizza stipulata dalla ricorrente.
Nel giudizio intervenivano entrambe le Compagnie, pertanto l’ Assicuratrice Y aderiva alle deduzioni della Società Assicurativa X quanto alla legittimazione passiva, avendo la stessa nel 2006 ceduto il suo portafogli alla prima, chiedendo all’Autorità procedente l’estromissione della medesima. Ciò nonostante, tale eccezione preliminare è stata sciolta in sede decisionale occorsa solo nel 2014, comportando una duplicazione di difesa degli atti per entrambe le compagnie assicurative.
Le pretese avanzate nel merito dalla ricorrente contemplavano in esecuzione del contratto l’obbligo di tenere indenne l’assicurato quale civilmente responsabile di perdite patrimoniali involontariamente cagionate a terzi; pertanto in base all’art. 20 l’onere di gestire le vertenze in sede giudiziale e stragiudiziale designando all’occorrenza legali o tecnici ed infine di corrispondere le spese sostenute per resistere all’azione promossa contro l’assicurato.
La società Assicuratrice convenuta dispiegava le ragioni del diniego di tale richiesta affermando espressamente la lettura dell’art. 20 non travista afferma : ” la Società assume fino a quanto ne ha interesse la gestione delle vertenze tanto in sede giudiziale che stragiudiziale, sia civile che penale, designando ove occorre legali e tecnici ed avvalendosi di tutti i diritti ed azioni spettanti all’assicurato stesso.Sono a carico della società le spese sostenute per resistere all’azione promossa contro l’Assicurato entro il limite… La società non riconosce spese incontrate dall’assicurato per legali o tecnici che non siano da essi designati e non risponde di multe o ammende inflitte all’assicurato né delle spese di giustizia penale.”
In data 16.10.2002 perveniva alla ricorrente un atto di citazione dal Condominio da essa amministrato, e solo in data 8.11.2002 l’attrice si recava all’Agenzia per denunciare il sinistro.
Orbene in data 16.12.2002 l’Assicurazione comunicava che, stando il superamento temporale richiesto ex lege per la manleva, non avrebbe assunto la difesa giudiziale, pertanto la ricorrente nominava un suo legale di fiducia per la gestione della lite, conclusasi con la condanna della ricorrente.
Orbene lo stesso legale su mandato della ricorrente nel presente giudizio ex art. 702 bis c.p.c. chiedeva la condanna dell’Assicurazione a rimborsare le spese sostenute per la difesa in giudizio in favore del Condominio in persona del suo amministratore p.t. la somma complessiva di € 9.921,62 di cui € 4.639,06, a titolo di interessi 840,00, inoltre richiedeva il rimborso delle spese legali € 3.946,56 sostenute per la difesa in giudizio di legali da lei prescelti volta per volta. A tal fine allegava altra fattura per gli onorari suddetti quantificata in € 10.989,58 per onorari versati quali compenso per l’attività prestata dal legale I.M. che la rappresentava anche nel ricorso in oggetto, quindi con vittoria di ulteriori spese, competenze ed onorari di lite.
Secondo la sentenza in esame, il ricorso proposto dall’amministratrice di un condominio per il ristoro dei danni provocati da inadempimenti e ritardi da lei posti in essere durante lo svolgimento del proprio mandato deve essere accolto.
In tal modo il Giudice monocratico bolognese condannava l’assicurazione al ristoro di tutte le spese legali sostenute dalla Signora ricorrente quale amministratrice di condominio condannata a sua volta dal Tribunale civile di Bologna con sentenza n. 118/2010 pubblicata in data 18.08.2010 sezione distaccata di Imola, per € 5.115,52, di cui 4.639,06 a titolo di risarcimento ed € 476,86 a titolo di ripetizione di indebito, nonché al rimborso delle spese legali a favore del Condominio da essa amministrato e per i cui danni la ricorrente chiedeva la manleva all’Assicurazione nella sentenza in commento.
In primo luogo, il Tribunale in sentenza ha proceduto in via preliminare all’estromissione dell’Assicurazione X intimata che a suo tempo aveva ceduto il portafoglio all’Assicurazione Y, con compensazione integrale delle spese, richiesta avanzata nell’atto di intervento e costituzione delle convenute, per la carenza di legittimazione passiva sostanziale della resistente Assicurazione X, e per l’effetto l’invocata estromissione “giunse” solo in sentenza in epilogo del giudizio.
Il Tribunale adito ha ritenuto infondata, invece la prescrizione, osservando che secondo giurisprudenza di legittimità “in tema di assicurazione della responsabilità civile il termine annuale di prescrizione del diritto dell’assicurato a percepire l’indennizzo … decorre, secondo la lettera del 3° comma dell’art. 2952 cod.civ. , dal giorno in cui il terzo ha chiesto il risarcimento all’assicurato..e non, invece, dal giorno dell’evento danno..” .
In secondo luogo fu disposto il mutamento del rito ai sensi dell’art. 703 – ter c.p.c., accertata la carenza dei presupposti normativi di cui all’art. 702 – bis c.p.c. , attese le esigenze istruttorie in atti.
A tal fine venne escusso l‘unico teste ammesso, dei cui esiti probatori il Giudice monocratico scriveva in sentenza che a riguardo seppur la teste abbia riferito che la denuncia del sinistro era datata dopo il tempo utile previsto ex lege dall’art. 7 delle condizioni generali di polizza ovvero “entro tre giorni da quando ne ha avuto conoscenza”, “parte attrice ha provato l’adempimento dell’obbligo” (pagina 7 della sentenza on commento).
Orbene vediamo le motivazioni di tale asserzione. Il giudicante ha in pratica ritenuto che il teste era da considerare attendibile anche se dichiarava che il sinistro era stata denunciato in data 8.02, in quanto nella specie secondo il giudicante era caduta in errore, pertanto nessuna decadenza, evidentemente eccepita dall’Assicurazione, si era verificata.
Sul punto il giudicante sembrerebbe incorso in contraddizione, spingendosi a considerare attendibile il teste nonostante caduta in errore.
Per comprendere questo aspetto basti dire che anche il processo civile non si sottrae alle buone regole di un gioco di squadra, pertanto tale interpretazione del giudicante avrebbe comportato in sedi sportive agonistiche il cartellino giallo da parte dell’arbitro.
Nel merito le Compagnie assicurative respingevano la domanda di indennizzo in quanto le condotte dell’attrice sarebbero la conseguenza di coscienti e non involontari riferibili ad una evidente malagestio dell’amministrazione condominiale, chiedendo quantomeno in subordine il riconoscimento del concorso di colpa.
Sul punto l’organo giudicante afferma che nonostante l’art. 13 delle condizioni generali di polizza prevede che “..la società si obbliga a tenere indenne l’Assicurato di quanto questo sia tenuto a pagare, quale civilmente responsabile :a) delle perdite patrimoniali involontariamente cagionate a terzi, compresi i clienti, nell’esercizio dell’attività professionale..”, è altrettanto vero che spettava all’Assicurazione intimata provare la natura dolosa delle condotte, prova (a dire del giudicante) che nella specie è non solo difettata ma pure esclusa dalla natura delle contestazioni riferibili ad errori ed omissioni non certamente consapevoli (in sentenza pag. 9).
Per comprendere questo aspetto rilevante della sentenza occorre rammentare che, per pervenire ad una sentenza di condanna, era necessario anche un apprezzamento del fatto, demandato al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità se assistito da motivazione sufficiente e non contraddittoria, ovvero la corrispondenza o meno ai canoni di buona fede e correttezza (Cass., 16 maggio 2006, n. 11430, Cass. 25 novembre 2005, n. 24899).
Ora, tanto per stare ai fatti, queste condotte sono state censurate con sentenza di condanna nei confronti della ricorrente su richiesta del condominio nel periodo della sua gestione per la quale domandava di essere risarcita nel giudizio in epigrafe occorso.
Tali comportamenti dell’assicurata, ad avviso della scrivente, avrebbero dovuto essere valutati dal giudice di merito ed integrare il giudizio di fatto.

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