Condominio – danni da spargimento di acqua

Cassazione III civile del 12 dicembre 2012 – 13 febbraio 2013, n. 3553 – sui danni da spargimento in condominio

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Condominio – danni da spargimento

fonte www.ricercagiuridica.com

(Presidente Uccella – Relatore Cirillo)

Svolgimento del processo

1. S.M., nella qualità di proprietario di un appartamento sito in uno stabile condominiale in Comune di (omissis), citava a giudizio, davanti al Tribunale di Lecce, C.M.R., chiedendo che fosse condannata a risarcirgli i danni cagionati all’appartamento di sua proprietà dalle infiltrazioni di umidità derivanti dal cattivo funzionamento dell’impianto fognante del sovrastante appartamento, di proprietà della convenuta; precisava che tali danni ammontavano a lire 8.098.000.

La convenuta, nel costituirsi in giudizio contestando la pretesa dell’attore, chiedeva di poter chiamare in causa la società Reale mutua assicurazione, per essere da questa garantita in caso di condanna.

Il contraddittorio veniva esteso alla società di assicurazione, all’amministratore del condominio all’epoca dei fatti ed all’amministratore in carica.

Acquisiti documenti e la consulenza svolta in sede di accertamento tecnico preventivo, il Tribunale condannava la compagnia assicuratrice a pagare al M. la somma di Euro 3.736,50, oltre rivalutazione e interessi e con il carico delle spese di lite.

2. Contro la sentenza di primo grado proponevano appello principale la società assicuratrice e appello incidentale il M.

La Corte drappello di Lecce, con sentenza del 7 febbraio 2007, così provvedeva: accoglieva l’appello principale, rigettando la domanda di manleva proposta dalla M.R. contro la Reale mutua assicurazioni; accoglieva l’appello incidentale condizionato proposto dal M. contro la M.R., che condannava a pagare al primo la somma di Euro 3.736,50, oltre interessi e rivalutazione; condannava il M., la M.R. ed il condominio alla restituzione, in favore della società assicuratrice, di quanto dalla stessa versato in esecuzione della sentenza di primo grado; condannava, infine, la M.R. al rimborso delle spese del doppio grado in favore del M., dichiarando le stesse interamente compensate tra le altre parti.

Osservava la Corte territoriale, per quanto ancora rileva in questa sede, che il Tribunale aveva errato nel ritenere che i danni in questione rientrassero nella copertura assicurativa fornita dalla Reale mutua assicurazioni, perché nella specie essi erano estranei alla garanzia, sicché doveva essere chiamata a risponderne la sola M.R.

La polizza stipulata dal condominio, infatti, copriva, oltre ai danni di cui deve rispondere il medesimo, anche la responsabilità di ciascun condomino verso gli altri condomini; ma in questo caso restavano esclusi dalla garanzia i danneggiamenti conseguenti al verificarsi di un sinistro rientrante nei rischi di cui all’art. 7 della polizza; e l’art. 7 prevedeva “i danni diretti e materiali provocati da acqua condotta a seguito di guasto o rottura accidentale degli impianti idrici, igienici o di riscaldamento installati nei fabbricati descritti nel contratto”.

Tale previsione veniva interpretata dalla Corte leccese nel senso che la garanzia poteva ritenersi operante in riferimento ai danni derivanti dalla rottura accidentale della tubazione condominiale, ma non anche per rottura accidentale degli impianti dei singoli condomini. E poiché, nella specie, la relazione tecnica aveva accertato che i danni patiti dal M. erano derivati dalla rottura delle tubazioni di proprietà della M.R., era solo quest’ultima che doveva essere chiamata a risponderne.

La Corte, quindi, poneva l’obbligo risarcitorio a carico della sola M.R.

3. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce propone ricorso C.M.R., con atto affidato ad un motivo.

Resiste S.M. con controricorso.

Motivi della decisione

1. Col l’unico motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., sul rilievo che la Corte di merito avrebbe errato nel ritenere che il fatto dannoso oggetto di causa sia escluso dalla garanzia assicurativa.

Osserva, al riguardo, la M.R. che la lettura del contratto di assicurazione compiuta dalla Corte leccese sarebbe incompleta, essendosi quel giudice limitato a considerare il solo art. 3 delle Condizioni generali di assicurazione. Una lettura globale, invece, avrebbe consentito di verificare, alla luce dell’art. 2, comma 4, del contratto, che la polizza non comprendeva, fra l’altro, i danni derivanti da infiltrazioni, spargimenti e rigurgiti di fogna, a meno che gli stessi non fossero conseguenti a guasti accidentali. Ciò evidenzia il contrasto fra l’interpretazione esclusiva della Corte d’appello e il carattere accidentale del guasto.

2. Il ricorso non è fondato.

La Corte d’appello leccese, con motivazione logica e supportata da puntuale attività di interpretazione delle singole clausole del contratto di assicurazione in questione, è pervenuta alla conclusione che la garanzia ivi prevista non fosse operativa in relazione ai guasti riconducibili ai tratti dell’impianto idrico di proprietà dei singoli condomini.

Si tratta, all’evidenza, di un’interpretazione del tutto ragionevole, oltre che rispondente alle regole generali in tema di funzionamento del condominio. A sostegno di questa ricostruzione – che costituisce attività tipica del giudice di merito, insindacabile in sede di giudizio di legittimità ove correttamente motivata – la Corte territoriale ha provveduto anche a riportare stralci del testo del contratto di assicurazione.

Il ricorso in questione – che si colloca, fra l’altro, nel periodo di vigenza dell’art. 366 bis cod. proc. civ. – oltre ad essere concluso da un quesito di diritto che è ai limiti dell’inammissibilità, in quanto contiene una sollecitazione della Corte a fornire una propria interpretazione del citato contratto, si risolve in un improprio tentativo di ottenere dal giudice di legittimità un nuovo esame del materiale probatorio esistente, pretendendo di fornire una personale e più gradita interpretazione dei contestato contratto.

Si tratta, all’evidenza, di una pretesa che non può trovare sbocco in questa sede.

3. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

In ossequio al principio della soccombenza, la ricorrente va condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate, come da dispositivo, in conformità ai soli parametri introdotti dal decreto ministeriale 20 luglio 2012, n. 140, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.400, di cui 1.200 per compensi, oltre accessori di legge.

 

Giuseppe Cutillo