LA GESTIONE DELL’IMPRESA IN EPOCA DI CORONAVIRUS

LO SCENARIO ATTUALE

Con la riapertura dal 18 maggio 2020 chi esercita attività economiche, produttive, sociali e professionali, anche in qualità di datore di lavoro, deve rispettare le normative antiCoronavirus Covid-19: dai decreti legge ai DPCM, dai protocolli anticontagio alle ordinanze regionali e comunali. Ma quali sono le conseguenze del mancato rispetto di tali norme?

LE SANZIONI

Il mancato rispetto delle misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica comporta anche conseguenze civili e penali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, laddove venga accertato che il datore di lavoro non ha ottemperato alle prescrizioni del Decreto Legislativo n. 81 del 2008 (il Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro) ed al protocollo anti contagio del 24 aprile 2020.

Per aggiungere benzina al fuoco, l’articolo 42 del decreto Cura Italia, al comma 2, equipara il contagio da Covid-19 all’infortunio sul lavoro amplificando la responsabilità del datore di lavoro che potrà essere sottoposto all’azione di rivalsa da parte dell’Inail.

LE DIFFICOLTÀ E LE PAURE DELLE IMPRESE ITALIANE

L’incertezza sulle ripercussioni economiche della pandemia da COVID-19 è molto elevata. Quella che sembra essere l’ipotesi più realistica prevede una riduzione del PIL del 9% già quest’anno.

I tempi e l’intensità della ripresa dipenderanno dall’evoluzione della pandemia, dall’andamento dell’economia globale e dall’efficacia delle politiche economiche. Il pesante impatto della crisi influenzerà la crescita delle imprese italiane anche nel lungo termine.

Le preoccupazioni per il 2021 sono infatti maggiori di quelle per l’anno in corso con il rischio di fallimento per il 10,4% delle imprese italiane, un tasso doppio del normale.

Fatturato per settore – Stime triennio 2019-2021.

L’IMPORTANZA DELLA TUTELA LEGALE

Das In Azienda è la risposta che stavi cercando all’emergenza Covid-19.

Proteggi la tua attività, metti al sicuro te stesso e la tua azienda da procedimenti di natura penale, controversie civili e sanzioni amministrative conseguenti alla violazione delle nor me di sicurezza ed all’impatto del virus sulla società.

CONSULDAS: IL PRIMO SOCCORSO LEGALE

L’unica certezza è lo stato di confusione normativa che stiamo vivendo. C’è confusione sui protocolli di sicurezza da adottare, c’è confusione sulla responsabilità delle aziende ed il ruolo dell’Inail, c’è confusione sull’applicazione regione per regione delle diverse disposizioni di legge. Non essere a norma rischia di diventare la norma. Un consulto qualificato e specializzato sulle tematiche legali collegate alla situazione di emergenza attuale fornirà i chiarimenti necessari per lavorare serenamente e senza intoppi. 

L’emergenza da Covid-19 non aspetta, non farlo anche tu! Richiedi maggiori informazioni

 

fonte: Das assicurazioni

Poste Italiane: Polizze RISPARMIO vendute un tanto al kilo

poste italiane
poste italiane

La vendita dei prodotti assicurativi da parte di Poste Italiane, in special modo quelli di risparmio, è avvenuta nel tempo in maniera poco etica, anzi con il sistema “ti piazzo quello che la direzione vuole che io venda”.

 

Qui c’è tutto come in banca quando vuole investire, c’ho i fondi c’è tutto! Se si vuole guadagnare di più, si deve mettere su un fondo azionario,

dichiara la dipendente di Poste in una saletta di consulenza al giornalista Nerazzini, che finge di voler investire 80.000 euro.

Se volete stare tranquilli tranquilli ci sono i nostri prodotti assicurativi.

Le assicurazioni proposte come investimento sicuro, ma proprio sicuro sicuro, si discostano però dalle informazioni presenti sui prospetti informativi.

fonte: money.it

L’articolo di money si rifà ad un servizio di Report del 2017 in cui il giornalista Alberto Nerazzini intervista persone dipendenti di Poste Italiane, a vari livelli.

Sempre estratto dall’articolo di Money.it possiamo evincere che per Poste Italiane:

Poste Vita e assicurazioni: il 72% dei ricavi

La componente assicurativa è arrivata a rappresentare il 72% dei ricavi nel bilancio di Poste Italiane nel 2016, dalla raccolta di 5 miliardi nel 2007 ad un totale di 20 miliardi di euro nell’ultimo anno. In 10 anni, i ricavi dai premi assicurativi sono aumentati del 400%.

Il tutto, sempre, sulle spalle dei risparmiatori.

Ed oggi?

Non si può affermare, ne smentire, che trasparenza, vendita selvaggia e massiva siano ancora nel DNA di Poste Italiane, ma, visti i ricavi il dubbio resta.

Era, anche in progetto, la vendita di polizze RCA.

Per il momento progetto accantonato perché: manutenzione e consulenza post vendita (il vero plus delle agenzie di assicurazioni tradizionali) si sarebbe rivelato un boomerang per l’incapacità gestionale e soprattutto per la mancanza di consulenza demandata a qualche call center, come del resto stanno facendo le banche.

Autovelox: la contestazione immediata non è necessaria

Autovelox: la contestazione immediata non è necessaria. Ma il verbale deve indicare gli estremi del decreto che autorizza la contestazione differita. Il diritto di difesa del sanzionato è tutelato dal diritto di accesso alla documentazione amministrativa

Autovelox
Autovelox

Autovelox: la contestazione immediata non è necessaria

Se un automobilista supera i limiti di velocità e l’infrazione è accertata mediante il sistema autovelox, non è necessario che vi sia contestazione immediata: l’art. 4, comma 4, del decreto legge numero 121 del 20 giugno 2002, infatti, legittima tale omissione.

In ogni caso è fondamentale garantire il diritto di difesa di colui al quale l’infrazione è stata contestata e, pertanto, è necessario che nel verbale siano indicati gli estremi del decreto prefettizio che autorizza la contestazione differita.

Con l’ordinanza numero 331/2015 (qui sotto allegata), la Corte di Cassazione, nell’affrontare un caso avente ad oggetto la legittimità della contestazione, ha ribadito tale principio, specificando che in presenza di elementi idonei a individuare il decreto prefettizio, il destinatario del verbale è tutelato dal fatto di potersi avvalere del diritto di accesso alla documentazione amministrativa, previsto dall’articolo 22 della legge n. 241/1990, senza che quindi sia necessaria l’allegazione del decreto.

Come dare a tutte le famiglie una “ quattordicesima ” e una sanità integrativa che faccia risparmiare

RASSEGNA STAMPA: Alberto Brambilla ci racconta delle possibili soluzioni che potrebbero aumentare il risparmio e migliorare la sanità. Come dare a tutte le famiglie una “ quattordicesima ” e una sanità integrativa che faccia risparmiare

salvadanaio 

Come dare a tutte le famiglie una “ quattordicesima ” e una sanità integrativa che faccia risparmiare

(Autore: Alberto Brambilla – Il Punto, Giornata Nazionale della Previdenza)

È fuor di dubbio che la crisi finanziaria complice la globalizzazione che ha ridotto la competitività di molte nostre produzioni, ha impoverito le famiglie italiane. Inoltre, per chi le tasse le paga davvero il carico fiscale è tra i più elevati d’Europa con un record assoluto per quanto riguarda la contribuzione previdenziale; il 33% sull’intero reddito (100 mila euro per i contributivi puri). Il governo Renzi ha tentato di mettere nelle tasche di una parte delle famiglie un po’ di soldi, i famosi 80 euro (meno, a volte molto meno di mille euro l’anno) e maldestramente il TFR in busta paga con una tassazione penalizzante. Alcuni partiti e politici hanno proposto altre forme di sostegno alla famiglia tra cui il quoziente familiare (riduce il carico fiscale in base al numero dei componenti il nucleo familiare), il reddito di cittadinanza o elevazione del reddito su cui non si pagano imposte. Tutte soluzioni discutibili sotto il profilo dell’equità fiscale, di sapore parecchio assistenziale e molto costose.

Ci sono invece due modalità che innalzano il senso di responsabilità civico dei cittadini (i diritti ma anche i doveri di cui spesso tutti ci dimentichiamo), sono poco o nulla costose per le casse dello Stato e quindi per tutti noi; soluzioni che tra l’altro possono evitare un aumento delle tasse, in primis l’IVA  al 24%.

Le due proposte, anche legate tra loro, si pongono due obiettivi: la prima con l’introduzione anche in in Italia del contrasto di interessi, di ottenere una “quattordicesima” cioè una somma pari a circa 1.650 di risparmio fiscale; la seconda consiste nella possibilità di beneficiare di un plafond unico di deducibilità fiscale e quindi di poter disporre di risorse anche con i soldi risparmiati a seguito della proposta di cui sopra, per la pensione complementare la non autosufficienza e la assistenza sanitaria. Poiché risparmio crea risparmio, vedremo che se investiamo i 1.650 € risparmiati con il contrasto di interessi in un fondo pensione o in assistenza sanitaria integrativa, di quei 1.650 € ne risparmiamo ancora un terzo perché sono “deducibili dalle tasse”.

Di seguito una sintesi delle due idee:

Il contrasto di interessi: riguarda la possibilità di dedurre tutte le spese che le famiglie fanno direttamente e senza intermediari per la manutenzione della casa, dei veicoli (auto, moto, biciclette) e per i piccoli servizi domestici e che si concludono sempre con la stessa frase: guardi il costo e 1.000 € se vuole la fattura sono 1.220 ma siccome a voi la fattura non serve perché non potete dedurre nulla vi faccio pagare solo 900 € . E’ poiché di “eroi fiscali” ne abbiamo pochi ma un risparmio di 320 € la vita non la cambia ma la migliora, in 9 casi su 10 si va “a nero”. Se invece si consente a ogni famiglia la possibilità di dedurre, in via sperimentale x tre anni, 5.000 € per queste spese ( esempio: idraulico, tappezziere, elettricista, imbianchino) o le spese del meccanico o del carrozziere o quelle della ragazza che ti aiuta in casa per 4 ore a settimana e che è complicato mettere in regola, si consente a queste famiglie una “quattordicesima” mensilità che nel caso di una aliquota marginale (addizionali IRPEF comprese) del 33%, vale 1.650 €! Ovviamente per questi lavori l’IVA sarà al massimo al 5% tanto lo Stato ci guadagna lo stesso perché se si fa una fattura ogni 10 lo stato incassa 22, mentre se tutti e 10 pagano il 5% di IVA lo Stato incassa 50 (non male come lotta all’evasione). Inoltre se la famiglia deduce vuol dire che il fornitore paga le tasse equivalenti se non di più, ma sopratutto paga i contributi sociali con doppio vantaggio per lo Stato; intanto incassa il 23% circa di contributi sociali su tutto l’imponibile e evita poi di rimanere cornuto e mazziato. E sì perché se questi fornitori non pagano i contributi poi a 67 anni gli dobbiamo anche pagare la pensione con doppio esborso per lo Stato e un carico fiscale abnorme per il poveraccio che evadere non può (forse vorrebbe).

Con questi soldi la nostra famiglia comincia a pensare a qualche tutela; per esempio a farsi una sanità integrativa. Nel 2014 le famiglie hanno speso di tasca propria (spesa out of pocket) ben 30 miliardi di euro. Quando uno è malato non guarda se la visita costa 100 o 200 € o se il medico fa o no la fattura (fiscale ovviamente). Paga e basta. Tuttavia una visita specialistica che in convenzione con un fondo o una cassa di assistenza sanitaria costa 80 € al privato può costare anche 200. Dico questo per far capire che se una famiglia investe la sua “quattordicesima” in un fondo sanitario, risparmia soldi nel momento del bisogno, evita i lunghi tempi di attesa, sceglie le strutture migliori e risparmia pure fiscalmente; infatti i 1.650 € pagati per la cassa sanitaria beneficiano della “deducibilità fiscale” per cui la nostra famiglia che ha una aliquota del 33% risparmierà 545 € e quindi è come se l’assistenza sanitaria fosse costata solo 1.105 €. Con gli altri ci fa il corredino scolastico o altre cose utili per la famiglia.

In Italia sono previste le seguenti agevolazioni fiscali: 5.164,57 € per il versamento a fondi pensione; 3.600 € per l’assistenza sanitaria integrativa e circa 550 per altre forme di welfare (asilo nido, colonie, borse di studio ecc). Se anziché avere queste deducibilità utilizzabili solo per la previdenza o sanità, ogni famiglia potesse disporre di un “plafond” di 9.000 € l’anno per tutte le forme di welfare da usare a secondo dei bisogni e delle situazioni in cui versa, avremmo fatto un grande balzo nell’aiuto al mattone fondamentale della società: la famiglia! Con notevoli vantaggi per i consumi, lo sviluppo e l’occupazione.

Quindi, per ricapitolare, faccio spese per 5.000 € l’anno, ho una aliquota del 33% (comprese le addizionali IRPEF) risparmio 1.650 € che investo in un fondo di assistenza sanitaria integrativa e calcolando la medesima aliquota fiscale, risparmio ancora il 33% cioè l’investimento al fondo pensione mi costa (1.650€ – 33%) 1.105 €. Ma non solo; siccome la nostra famiglia ha fatto nell’anno due visite specialistiche, non ha pagato nulla mentre senza il fondo sanitario avrebbe sborsato oltre 300 €, un risparmio che si va a sommare ai 545 € di deducibilità fiscale. Con un po di coraggio fiscale si genera un circolo virtuoso con benefici per le famiglie e lo Stato.

La responsabilità civile e penale del commercialista

Venerdì 12 dicembre si è svolto a Sarmeola di Rubano (Padova) il seminario “La responsabilità civile e penale del commercialista: aspetti controversi, nuove fattispecie, possibili mitigazioni e tutela assicurativa”

RC Professionale Area Giuridico/Economica
Responsabilità Civile Professionale Area Giuridico/Economica

Dal sito http://www.diritto24.ilsole24ore.com

La responsabilità civile e penale del commercialista: aspetti controversi, nuove fattispecie, possibili mitigazioni e tutela assicurativa

Alla conferenza, organizzato organizzato dall’Associazione dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili delle Tre Venezie, hanno partecipato più di 100 professionisti da tutto il Nordest ai quali è stato proposto un incontro sul tema delle responsabilità in capo al commercialista, con un approfondimento critico delle fattispecie più ricorrenti e di quelle cosiddette “emergenti”, offrendo altresì un contributo di riflessione in relazione a possibili rimedi e mitigazioni del rischio.

Molti i temi affrontati: dal tema delle coperture assicurative di responsabilità civile professionale alla responsabilità amministrativa e tributaria del professionista; dalla criticità della nuova normativa sulla responsabilità fiscale del liquidatore, ai rischi della recente fattispecie penale introdotta con l’art. 11, comma 1, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011 denominato “Emersione di base imponibile”.

Per un quadro completo della conferenza clicca qui

Strisce blu – Multe illegittime

multaSTRISCE BLU – Multe illegittime se nel comune non esite parcheggio gratuito

È illegittima la multa per mancata esposizione del ticket attestante l’avvenuto pagamento per la sosta, qualora il Comune non provi alternativamente (i) che nelle vicinanze dell’area adibita a sosta a pagamento vi sia anche un’adeguata area per la sosta gratuita; o (ii) l’esistenza di una causa di esonero dall’obbligo di predisposizione delle stesse.

Questo è quanto ha affermato la sezione VI-2 della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 18575, del 2 settembre 2014 , in accoglimento dell’impugnazione della sentenza di secondo grado del Tribunale di Napoli, che aveva confermato la sussistenza della violazione, ex art. 7, comma 8, del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (di seguito anche solo “Codice della Strada”) ascritta alla ricorrente, sostenendo che quest’ultima non avesse assolto l’onere di provare l’insussistenza di motivi di esonero dall’obbligo del Comune di prevedere aree per la sosta gratuita.

In particolare, il citato art. 7, comma 8, del Codice della Strada prevede che qualora il comune disponga l’installazione di dispositivi di controllo di durata della sosta a pagamento, “su parte della stessa area o su altra parte nelle immediate vicinanze, deve riservare una adeguata area destinata a parcheggio rispettivamente senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta. Tale obbligo non sussiste per le zone definite a norma dell’art. 3 “area pedonale” e “zona a traffico limitato”, nonché per quelle definite “A” dall’art. 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, e in altre zone di particolare rilevanza urbanistica, opportunamente individuate e delimitate dalla Giunta nelle quali sussistano esigenze e condizioni particolari di traffico.”

leggi tutto sul Il Sole 24 ore – Diritto 24

Cassazione: Equitalia non può pignorare la prima casa

pignorare la prima casaCassazione: Equitalia non può pignorare la prima casa.

dott.sa  Floriana Baldino.

Si è data notizia nei giorni scorsi della recente sentenza con cui gli Ermellini hanno dato ragione al contribuente.

Si tratta della sentenza n.  19270 del 12 settembre 2014 .

In questa sentenza i Giudici di Piazza Cavour hanno contraddetto quanto aveva affermato in precedenza il Ministero dell’Economia e delle Finanze a seguito di un interpello posto dalla stessa Equitalia.

Il ministero, in particolare, aveva affermato che il “Decreto del Fare” non può godere di effetto retroattivo, ragion per cui tutti i procedimenti cominciati prima dell’entrata in vigore dello stesso dovessero proseguire.

Di diverso avviso però la Corte di Cassazione che nella sentenza in esame ha stabilito che, a prescindere dalla data di entrata in vigore del provvedimento, non vi potrà essere nessun pignoramento, nemmeno per quanto riguarda i casi precedenti.

La sentenza della Corte di Cassazione dice: “dal momento che la norma disciplina il processo esecutivo esattoriale immobiliare, e non introduce un’ipotesi di impignorabilità sopravvenuta del suo oggetto, la mancanza di una disposizione transitoria comporta che debba essere applicato il principio per il quale, nel caso di successione di leggi processuali nel tempo, la nuova norma disciplina non solo i processi iniziati successivamente alla sua entrata in vigore, ma anche i singoli atti di processi iniziati prima”.

Naturalmente si ricorda che la impignorabilità delle prime case, anche secondo il dettato del Decreto Legge 69/2013, non risparmia le cosi dette case di lusso.

Potranno tirare un sospiro di sollievo tutti quei contribuenti la cui causa, per difendere la propria casa di abitazione,  è ancora in corso  perché avevano subito  il pignoramento da parte di Equitalia prima del 21 giugno 2013.

Quando la riparazione del veicolo supera il valore commerciale

riparazione veicolo antieconomicaQuando la riparazione del veicolo supera il valore commerciale

Una delle questioni che spesso nasce a seguito di riparazione di vetture “datate” riguarda i costi di riparazione che superano il valore commerciale del veicolo.

La Corte di Cassazione civile, nella sentenza 11662/2014 ha ribadito questo concetto, ritenendo che: “ la domanda di risarcimento per danni causati ad un mezzo da un incidente stradale, se ha per oggetto la somma necessaria per effettuare la riparazione dei danni, è da considerarsi come richiesta di risarcimento in forma specifica, con conseguente potere del giudice, in base all’art. 2058, comma 2, c.c., di non accoglierla e di condannare il danneggiante al risarcimento per equivalente, cioè alla corresponsione di una somma pari alla differenza di valore del bene prima e dopo la lesione, qualora il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo. (Corte di cassazione, sez. III civile, sent. n. 11662/2014)

Il caso

In seguito ad un incidente stradale, un uomo portava in giudizio la controparte e la società di assicurazioni, che aveva offerto la somma di 3.000 € a totale liquidazione del danno e che l’uomo riteneva non congrua. La Corte d’appello di Gela rigettava la domanda, in quanto reputava congrua la somma offerta a titolo di ristoro dei danni subiti.

L’uomo ricorreva in Cassazione, contestando il risarcimento del danno ritenuto ad un valore dedotto astrattamente da tabelle ricavate dalla media di indici standard. Secondo la sua interpretazione, avendo deciso di riparare l’auto sinistrata, il danno per equivalente andava determinato nella media tra costo del danno e valore del veicolo prima dell’incidente, che rappresentava il concreto valore commerciale, o valore di mercato.

Forma specifica da escludere

La Corte di Cassazione ricordava che il risarcimento del danno da responsabilità aquiliana (o civile) ha la funzione di porre il patrimonio del danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe trovato se l’illecito non si fosse verificato. Ecco allora la decisione di rigettare il ricorso escludendo il ricorso alla reintegrazione in forma specifica qualora i costi necessari ad essa sarebbero superiori rispetto alla somma alla quale avrebbe diritto il danneggiato ex art. 2056 c.c., poiché in tal caso si configurerebbe un ingiustificato arricchimento.

Da considerare anche che se è richiesto un risarcimento in denaro per la riparazione del danno subito, questo è da considerarsi come richiesta in forma specifica con potere del giudice ( art. 2058 comma 2 c.c. ) di non accoglierla e di condannare il danneggiante al risarcimento per equivalente, ovvero il pagamento di una somma pari alla differenza tra il valore del bene prima e dopo l’accadimento dannoso se il costo della riparazione supera di molto il valore di mercato del mezzo.

Nel caso descritto il valore del veicolo corrispondeva a 1.500 € e quindi l’uomo doveva ritenersi soddisfatto della somma offerta dalla compagnia di assicurazioni che copriva ampiamente anche le ulteriori spese di fermo, re immatricolazione ect.

Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

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